Regia: Steven Spielberg. Sceneggiatura: Liz Hannah, Josh Singer. Scenografia: Rena DeAngelo. Fotografia: Januz Kaminski. Montaggio: Sarah Broshar, Michael Kahn. Musica: John Williams. Interpreti: Tom Hanks, Mery Streep, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Bradley Whitford, Alison Brie, Carrie Coon, Michael Stuhlbarg, Jesse Piemons, Zach Woods, David Cross, Matthew Rhys, Bruce Greenwood, Pat Healy, Stark Sands. Produttori: Steven Spielberg, Tim White. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: U.S.A., 2017.
Convinto che la guerra condotta in Vietnam dal suo Paese costituisca una sciagura per la democrazia, Daniel Ellsberg, economista e uomo del Pentagono, divulga nel 1971 una parte dei documenti di un rapporto segreto. 7000 pagine che dettagliano l'implicazione militare e politica degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam. Un'implicazione ostinata e contraria alla retorica ufficiale di quattro presidenti. È il New York Times il primo a rivelare l'affaire, poi impedito a proseguire la pubblicazione da un'ingiunzione della corte suprema. Il Washington Post (ri)mette mano ai documenti e rilancia grazie al coraggio del suo editore, Katharine Graham, e del suo direttore, Ben Bradlee. Prima donna al timone di un prestigioso giornale, Katharine decide di pubblicare il monumentale scandalo di stato con buona pace degli investitori e a rischio della sua azienda, della prigione e della carriera dei suoi redattori. Fedeli al primo emendamento e all'intelligenza dei propri lettori, i giornalisti del Washington Post svelano le manovre e le menzogne della classe politica, assestando il primo duro colpo all'amministrazione Nixon.
The Post non racconta un'epoca passata ma una storia che si ripete. L'energia è quella di un reportage di guerra ma la regia agisce negli interni delle redazioni o di lussuose dimore, creando opposizioni, spazi chiusi, linee di fuga. Film indifferibile, traboccante di impeto e fervore, The Post è prossimo a Lincoln.
Lo è nel fondo e nei meccanismi, lo è nello slittamento dalla potenza delle immagini a quella della parola, lo è nell'interessamento alla procedura, ai caratteri umani pieni di intelligenza strategica, alla forza dei sentimenti, all'eroismo del cuore, alla comunione di un gruppo di persone, sovente in un ufficio, qualche volta su campo a operare in maniera 'illegale' nonostante l'istituzione che incarnano. Se nel 1865 era necessario acquisire abbastanza voti per far passare il Tredicesimo Emendamento, nel 1971 è indispensabile mettere le mani sui fascicoli confidenziali della Difesa per denunciarli sulle pagine del giornale. Allo stesso modo per Spielberg è importante realizzare il suo film prontamente per 'trattare' la perdita di controllo di un altro capo di stato e la condizione della donna. E il film aderisce all'impellenza del suo intrigo manifestando la sua urgenza (anche) nella forma e ribadendo in filigrana uno dei grandi temi della sua filmografia, la comunicazione. Quella che nasce dall'incontro tra un bambino e un alieno, tra un israeliano e un palestinese, quella che passa per lo storytelling o gli aneddoti di Lincoln.
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