Regia: Gilles Lellouche .
Fotografia: Laurent Tangy. Montaggio: Simon Jacquet. Musica: Jon Brion. Scenografia: Florian Sanson. Costumi: Elise Bouquet. Interpreti: Mathieu Amalric, Guillame Canet, Benoit Poelvoorde, Jean-Huges Anglade, Virginie Efira, Leila Bekhti.
Produttori: Alain Attal, Philippe Logie, Solveig Rawas. Distribuzione: Eagle Pictures.
Origine: Francia., 2018.
Un gruppo di quarantenni, tutti sull'orlo di una crisi di mezza età, decidono di formare, per la prima volta in assoluto nella piscina locale, una loro squadra di nuoto sincronizzato per uomini. Affrontando lo scetticismo e il senso di ridicolo che li avvolge e allenati da una ex campionessa che cerca di risollevarsi, il gruppo si imbarca in questa improbabile avventura e, durante il percorso, ognuno di loro ritrova un po' di autostima e riesce a imparare molto sia su se stesso sia sugli altri.
Brand è depresso, non lavora da due anni e si consuma sul divano. Poi un giorno si tuffa in piscina e il mondo finalmente gli sorride. Come Delphine che lo arruola nella sua équipe di uomini sull'orlo di una crisi di nervi. Ex campionessa di nuoto sincronizzato a coppia, Delphine allena una squadra maschile per passare il tempo e chiudere col passato: una carriera interrotta bruscamente dall'incidente della sua partner. I suoi allievi non stanno molto meglio: Bertrand è rassegnato, Laurent è adirato, Marcus indebitato, Simon complessato, Thierry stonato. Ma insieme si sentono finalmente liberi e utili. Partecipare a una gara di nuoto sincronizzato in Norvegia, diventa il loro obiettivo.
Commedia sociale "tra uomini", Le Grand Bain è il terzo film di Gilles Lellouche ma il primo (ben) realizzato da solo.
Affondato in una piscina municipale, l'attore interroga la virilità attraverso un gruppo di uomini non esattamente al meglio della forma e alla ricerca di una briciola di riconoscenza. Lellouche filma corpi imperfetti e cadenti a mollo nell'acqua, uomini alla soglia dei cinquant'anni e sulla soglia dello spogliatoio, dove a turno confessano le insoddisfazioni e le rispettive infelicità. A narrarli fuori campo è la voce di Mathieu Amalric alle prese con la caricatura goliardica del suo soggetto di elezione, la depressione.
Incarnazione irresistibile dello scacco, tra Xanax e Candy Crush, è il suo personaggio a introdurre lo spettatore in piscina e al cospetto di un dream team ostinato a riuscire in una disciplina ad assoluto appannaggio delle donne. Sfidando l'immaginario collettivo, il nuoto sincronizzato non è mai associato agli uomini, Lellouche firma un film generoso e inventivo che non ha paura di fare i conti col corpo che cambia e coi bilanci inclementi dell'età.
Al centro della commedia piazza la vulnerabilità esistenziale e lo specchio d'acqua in cui rifletterla e riflettere i profili dei suoi protagonisti, tutti in ambasce con la gestione dei figli, del lavoro, del matrimonio, delle relazioni, dell'avvenire. Insieme formano una squadra di sirene amorfe che riusciranno nell'impresa grazie alla loro volontà e al potere idealizzante del cloro.
Nonostante una regia a grana grossa e qualche passaggio confuso di sceneggiatura, Le Grand Bain guadagna coi suoi antieroi quella disinvoltura di movimento che gli permette di avanzare e di sfidare la fatica del vivere.
Non è certo la prima volta che Lellouche lavora sulla mascolinità e i suoi contorni imprevisti (Gli infedeli) ma a questo giro di vasca la qualità della materia comica, la perfezione dei suoi tempi e il livello della riflessione sul tempo che passa e ha fatto dei protagonisti quello che vediamo, configurano una ben strutturata commedia di caratteri.
Personaggi identificati con rapidità e leggerezza in una sintesi prodigiosa. I ritratti rivelano una sensibilità di scrittura ma soprattutto un'indulgenza e una comprensione che nascono dall'essere compagni di vita affiatati e fedeli. Da Guillaume Canet a Mathieu Amalric, da Benoît Poelvoorde a Philippe Katerine, passando per Jean-Hugues Anglade, tutti esprimono la storia del loro personaggio fuori e dentro l'acqua, registrando i propri soliloqui e facendo appello al personale arsenale comico. Giocolieri del doppio senso e prestigiatori del significato, si accordano in acqua chiedendo indulgenza e complicità anche quando la sparano grossa. Incarnazione sullo schermo dell'etero babbeo, l'autore corregge il tiro, incrocia le gambe e pesca il queerche è in lui e in ciascuno dei suoi eroi in crisi di mezza età.
Vicino col cuore a Rock'n Roll, storia di un attore quarantenne che prende coscienza della caducità della sua gloria, Le Grand Bain si avvale di un cast memorabile, un bacino di possibilità comiche che donano una base solida a questa commedia in apnea. Gilles Lellouche regola il suo film come un balletto e vince l'oro.
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