Regia: Michel Hazanavicius. Sceneggiatura: Michel Hazanavicius, Jean Bruce. Fotografia: Guillaume Schiffman. Montaggio: Reynald Bertrand. Scenografie: Hind Ghazali. Costumi: Charlotte David. Musiche: Ludovic Bource.
Interpreti: Jean Dujardin, Bérénice Bejo, Aure Atika, Philippe Lefebvre, Costantin Alexandrov, François Damiens, Khalid Maadour, Youssef Hamid, Arsène Mosca, Claude Brosset, Laurent Bateau.
Produttore: Eric Altamayer. Distribuzione: I Wonder. Origine: Francia. 2006. Durata: 99’.
Hubert Bonisseur de la Bath, agente segreto al servizio della repubblica francese, è chiamato a investigare sulla morte di un collega di stanza al Cairo, nell'Egitto del 1955. Arrivato sul posto, l'agente 117 troverà un vero nido di spie che coinvolge emissari dal Belgio, dall'Unione Sovietica e dalla Gran Bretagna, oltre alla popolazione locale che Hubert sembra mal digerire. E poi Larmina El Akmar Betouche, misteriosa assistente del collega scomparso. La spy-story anni Sessanta, e più in particolare il sottogenere alla 007, è al centro di Agente speciale 117 - Missione Cairo, realizzato nel 2006 e che conta due seguiti, di cui l'ultimo in programma per il 2021. Il James Bond più iconico e tradizionale viene rivisto in chiave parodica come già nelle saghe di Austin Powers e Johnny English, ma stavolta con spirito squisitamente francese.
Hazanavicius riprende il personaggio dell'agente 117, già esistente in letteratura e al cinema, e lo trasforma in farsa, plasmando il volto di Jean Dujardin in un simbolo di ottusità d'oltralpe, spia incapace e compiaciuta che in qualche modo riesce a carambolare attraverso ogni intrigo internazionale. Come e più che in The Artist, l'operazione dipende largamente dall'attore, con la sua innegabile presenza scenica e il talento per la recitazione fisica. La somiglianza di Dujardin con Sean Connery completa l'intrigante corto-circuito temporale e culturale.
In una ricerca sempre molto insistita della gag ad ogni costo ci sono diversi momenti riusciti, come un teso incontro tra varie spie internazionali che scivola rapidamente dalle allusioni misteriose ai vuoti modi di dire. Hazanavicius e colleghi impareranno poi ad asservire la parodia alla struttura emotiva del film nel successivo The Artist, una scommessa vinta trionfalmente. Ma la saga dell'agente 117 rimane di fatto la pietra angolare del suo cinema, mimetico e giocherellone fino alla fine
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