Kathy, perfetta casalinga anni '50, vive dei piccoli riti sociali che la sua condizione di moglie e madre gli impone: con una bella villa nei sobborghi di Hartford nel Connecticut, due figli (un maschio e una femmina), un marito dirigente nella ditta di televisori Magnatech, è l'icona perfetta di un'atmosfera, l'immagine sfavillante di un mondo fatto di aperitivi, di chiacchiere con le amiche, di serate passate ad aspettare in trepidante attesa il ritorno del marito, di bambini da accompagnare a scuola o al saggio di danza.
Julianne Moore, stretta nei corpetti di abiti con la gonna a ruota, è una figurina ritagliata dagli album delle fotografie di un'epoca passata, è la bambola dal sorriso fisso, programmata in ogni gesto e in ogni frase, per essere l'impeccabile protagonista di una rappresentazione sempre uguale a sé stessa. Siamo negli anni '50 come ce lo descrivono le riviste di moda; una società edenica, prima degli anni '60, prima della contestazione, prima di tutto: il giardino delle delizie di un'America che ancora si culla nell'illusione di essere immune da conflitti sociali, crisi generazionali e razziali, paura e violenza. Che ancora crede nella propria innocenza. Ma Kathy all'improvviso scopre che qualcosa non va: casualmente una sera, sorprende il marito abbracciato a un altro uomo. Sconvolta, trova nell'amicizia di Raymond, il suo giardiniere di colore, la sincerità e il calore che mancano nella sua vita. Ed è un attimo per trovarsi isolata da tutta la comunità, che improvvisamente scopre i denti della ferocia, dell'ipocrisia e del razzismo.
Todd Haynes, già autore del bellissimo Velvet Goldmine, mette in scena le superfici come fossero decori delle tappezzerie, un mondo dai colori splendidi, dai profili netti e seducenti. Mette al riparo il suo film da ogni incrinatura, da qualsiasi sbavatura: le contraddizioni di una società esplodono dall'interno, facendo tremare, di un brivido lungo e freddo, la sfera lucente delle apparenze.
Per fare questo il regista costruisce un omaggio (addirittura il ricalco), al melodramma classico. Come un pittore Haynes si mette alla tavolozza per "copiare" (e reinventare) il cinema di Douglas Sirk, uno dei maggiori talenti del cinema americano anni '50: incrocia Secondo amore con Lo specchio della vita e Come le foglie al vento, con un amore filologico per gli ambienti, le atmosfere, le passioni e i caratteri di quel melò.
In un contesto come questo, la riflessione sull'arte non poteva che essere fatta davanti a un quadro: Kathy e Raymond, a una mostra di pittura si incantano davanti a una tela di Mirò. "Secondo me - osserva Raymond - la pittura contemporanea comincia là dove l'arte tradizionale si ferma, e utilizzando solo forma e colore ci parla ancora del divino". Se Sirk è arte sacra, ammantata della sua aurea di classico, il film di Haynes risolve davvero in tocchi di luce e forme nitidissime il suo dialogo con il cinema (il divino). A fronte del lavoro sulla storia cinematografica, Lontano dal paradiso è anche domanda urgente alla contemporaneità, una dedica a coloro che si trovano nella condizione di essere gli "unici nella stanza", i reietti, gli emarginati, le vittime di ogni discriminazione. Kathy e Raymond hanno avuto il torto di voler guardare sotto le apparenze, di tagliare la tela e andare al di là della superficie. Così Lontano da paradiso, lungi dall'essere solo la nostalgica immersione nel decòr di un'epoca, fa palpitare il dolore per quello che ancora siamo. Basti vedere il lavoro che fa su un'attrice come Julianne Moore (incantevole, come sempre). Alla maniera di Picasso il personaggio di Kathy è il risultato di un assemblaggio cubista: inquietudini contemporanee, la dolcezza stucchevole di una casalinga da rotocalco femminile, la rigidità di una Barbie di plastica. Un manichino: e insieme gli sforzi - tenerissimi e strazianti - per conquistare qualcosa di umano.
(Silvia Colombo)
Sceneggiatura: Todd Haynes. Fotografia: Edward Lachman. Musiche: Elmer Bernstein. Scenografia: Peter Rogness. Costumi: Sandy Powell. Montaggio: James Lyons. Interpreti: Julianne Moore, Dennis Quaid, Patricia Clarkson, Dennis Haysbert, James Rebhorn. Francia-Stati Uniti, 2002