Michael è un ragazzo che nella Berlino del dopoguerra viene soccorso da una avvenente donna sulla trentina. Quando, guarito da una grave malattia si reca da lei per ringraziarla, viene a sua volta gratificato dal desiderio sessuale che la donna prova nei suoi confronti. Da quel momento continueranno a incontrarsi ma, insieme ai frequenti rapporti sessuali, si dedicheranno alla lettura dei classici. Infatti Hanna ama moltissimo le letture di Michael. Il quale, ormai adulto e divenuto avvocato, sta tornando col pensiero a quella misteriosa donna della quale, del tutto casualmente, aveva negli anni successivi scoperto il drammatico passato.
"Tutti sapevano. Come hanno fatto a permetterlo?". Per una parte della generazione tedesca successiva al Nazismo la domanda può essersi posta, ma nell’età della ragione, quando cioè i rapporti affettivi con i genitori - corresponsabili degli orrori del regime - chiaramente erano già solidi. A ciò vanno aggiunti anche alcuni atteggiamenti e tendenze di una nazione – di fronte al tribunale del mondo - caratterizzati da lentezze procedurali, resistenze difensive, responsabilizzazioni singole. Per il dramma etico-sentimentale di questa gioventù è stato utilizzato il termine “Vergangenheitsbewältigung” (ossia la lotta per venire a patti con il passato) e l’argomento è stato affrontato da A Voce alta, breve romanzo semiautobiografico del professore di legge a Berlino Bernhard Schlink, adottato come libro di testo nelle scuole del paese e tradotto in quaranta lingue, nonostante abbia ricevuto accuse di revisionismo e pornografia culturale nel permettere un’identificazione del lettore con i criminali. I suoi diritti cinematografici sono stati acquistati nel 1996 e una decina d’anni dopo Stephen Dal dry, che aveva studiato tedesco e vissuto nella capitale, si è proposto per dirigerlo in Germania e con una troupe locale.
Sebbene il film si restringa sui due amanti, con la scoperta dell’identità della donna il caso privato si fa subito universale, mantiene un costante mistero intorno a Kate Winslet, relativizza la resa o meno del tormento emotivo e morale del protagonista (da ragazzo e da adulto), rimanda ad alti dilemmi e tocca questioni nodali. Ad esempio, la differenza tra limiti della Legge e purezza etica per cui, a proposito di colpa collettiva, il peso maggiore della pena ricade su chi, da anonimo impiegato di un campo di concentramento, si assume responsabilità proprie e altrui, mentre i pavidi e bugiardi colleghi se la cavano con molto meno. Soprattutto, l’opera mostra lo sforzo dei figli nell’indagine e nel trattamento umano dei condannati, seppure vincolato a legami personali. Il che non significa perdono, ma un doloroso grado di maturazione che è il vero tratto di discontinuità coi padri.
Tratto dal romanzo di Bernhard Schlink. Sceneggiatura: David Hare. Scenografie: Brigitte Broch. Costumi: Ann Roth. Musiche: Nico Muhly. Fotografia: Chris Menges e Roger Deakins. Montaggio: Claire Simpson. Interpreti: Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross, Lena Olin e Bruno Ganz. Produttori: Anthony Minghella, Sydney Pollack, Donna Gigliotti e Redmond Morris. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: Germania/U.S.A., 2008