Ha pochi anni e tanti sogni Rita, figlia di Don Vito Mancuso, mafioso ucciso dalla mafia il giorno della sua prima comunione. Disperata per la scomparsa del padre, amato e rispettato in famiglia e in paese, ha deciso di vendicarne la morte e l'onore. Scoperto il mandante dell'efferato omicidio e trattenuta a stento dal fratello maggiore, Rita rimanda per sei anni la rappresaglia contro Don Salvo. Sei anni in cui osserverà e annoterà sui suoi diari ogni movimento dell'uomo e dei suoi scagnozzi. Ma la morte improvvisa del fratello, pugnalato barbaramente, la scopre sola e vulnerabile. Minacciata dagli uomini di Don Salvo si reca a Palermo per denunciarli tutti al procuratore antimafia. Braccata dai mafiosi e protetta dallo Stato, Rita smetterà di essere un'adolescente spensierata e scoprirà la differenza tra vendetta e giustizia.
Non è la prima volta che Marco Amenta rappresenta la violenza mafiosa che ha segnato la storia della Sicilia e dell'Italia. Con Il fantasma di Corleone, film documentario che smascherava l'ultimo mistero italiano a quel tempo ancora non risolto (Bernardo Provenzano), il regista siciliano prendeva posizione, e non poteva essere diversamente, in favore della legalità e di quanti si sono impegnati a difenderla. La siciliana ribelle allo stesso modo, ma nella forma della fiction, pone l'attenzione sulla medesima questione e su una delle paladine della lotta alla mafia, Rita Atria, che mostrò in modo chiaro che combattere Cosa Nostra era possibile, in quanto non si trattava di un fenomeno antropologico invincibile, ma di un'organizzazione composta di persone che potevano essere individuate e processate. A quei drammatici fatti di mafia, Amenta offre una nuova prospettiva, tornando ad approfondire la questione e a fare un cinema civile.
Dedicato e ispirato alla memoria di Rita Atria, costretta ad abbandonare la Sicilia e a vivere sotto falsa identità in un programma di protezione, La siciliana ribelle è il percorso di formazione (soprattutto morale) di un'adolescente allevata nei valori tribali e nel falso credo che padri e padrini hanno sempre ragione. Il punto di osservazione è quello di Rita, che percepisce in modo diretto l'ambiguità e la brutalità degli adulti. La fuga a Palermo non è soltanto da qualcosa e da qualcuno: è, prima di tutto, verso se stessa, per ritrovarsi e per negare l'atteggiamento di viltà e di omertà materno. Marco Amenta conosce il mondo che ci racconta, ha delle preoccupazioni concrete, si fa delle domande e cerca delle risposte dentro un film fondato su un'idea pedagogica di cinema: rappresentare un nucleo narrativo che rivesta anche una funzione didascalica e di insegnamento sulla straziante solitudine di chi si rivolta contro il sistema (mafioso). La siciliana ribelle è una dichiarazione di libertà di un'adolescenza che chiede autonomia e di essere sollevata dai conflitti tra i "grandi" e dalla violenza della loro debolezza.
Sceneggiatura: Marco Amenta e Sergio Donati. Scenografia: Marcello Di Carlo. Musiche: Pasquale Catalano. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Mirco Garrone. Interpreti: Veronica D’Agostino, Gérard Jugnot, Marcello Mozzarella, Primo Reggiani e Paolo Briguglia. Produttori: Tilde Corsi, Gianni Romoli, Simonetta e Marco Amenta, Raphael Berdugo. Distribuzione: Istituto Luce. Origine: Italia, 2008.