Mentire, tutti mentiamo. Lacan era bravo a definire la nevrosi come un tessuto di menzogne. Le menzogne che vanno dalla sana bugia diplomatica a quella più compulsiva, patologica. Ma anche quelle diplomatiche, del compromesso quotidiano, ci mettono poco a diventare malattia. Si compie il passo falso di considerare una menzogna come inconfessabile, non riferibile a nessuno, ed ecco che entriamo in un universo negativo, in una inaccessibilità narcisistica: è il momento dell'ingresso nella psicosi. Il fatto di cronaca è questo: il 26 luglio del 1996 Jean-Claude Romand viene condannato al carcere a vita dalla corte d'assise dell'Ain, nella regione Rodano Alpi che confina con l'Italia. Jean-Claude aveva sterminato l'intera famiglia, moglie, figli e i due anziani genitori. Per quasi vent'anni quest'uomo aveva condotto una doppia vita: fingeva di essere un medico dell'OMS, mentre in realtà passava la giornata chiuso nella sua auto, ferma in un parcheggio autostradale. Quando amici e parenti erano sul punto di capire la verità, Romand aveva preferito uccidere tutte le persone amate piuttosto che deluderle.
Lo scrittore Emmanuel Carrère su questa storia ha scritto un libro, da questo libro la regista-attrice francese Nicole Garcia ha tratto il suo quarto film, prodotto da quello che è considerato il più grande produttore d'oltralpe, Alain Sarde (da Tavernier, Godard e Polanski ad Haneke, Doillon, Techiné, Lynch, Leigh).
Per 129 minuti la macchina da presa insegue quest'uomo (interpretato da uno degli attori francesi più coraggiosi e sensibili del momento, Daniel Auteuil), ribattezzato Jean-Marc Faure, attraverso il labirinto delle sue menzogne, nel tunnel oscuro della sua banale esistenza. Tutto casa e lavoro, come si direbbe. Ma mentre il Vincent di A tempo pieno di Laurent Cantet il lavoro l'aveva perduto, Jean-Marc non l'ha mai avuto. Qualcosa che non ci viene rivelato ha bloccato i suoi studi universitari, la messinscena è andata avanti e si è man mano colorata di sfumature e sovrastrutture. Convegni all'estero, appuntamenti con i suoi superiori dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), persino un'amante a cui raccontare altre frottole. La moglie (una eccellente Géraldine Pailhas) non ha sospettato nulla per anni, ma i piccoli segnali che emergono diventeranno la tomba sua e di coloro che sono vicini al gran bugiardo. La musica di Angelo Badalamenti sembra provenire dalla mente dello psicotico, è cupa, insistente, portatrice di cattivi presentimenti.
Quando tutto è perduto, il finto medico passa all'azione: per gli ultimi dolenti, insostenibili venti minuti la regista cronometra i tempi di un massacro familiare, di quelli che 'riempiono le cronache dei giornali' di una società post-ideologica in cui l'individuo non solo perde la propria identità ma in molti casi non riesce a costruirsene nemmeno una e decide quindi di abusare di tante. Jean-Marc affida la propria confessione ad una cassetta vhs, attraverso una videocamera/confessionale tecnologico. Poi comincia la mattanza e Nicole Garcia ci fa il favore di non mostrarci una sola goccia di sangue. L'orrore è tutto in quella architettura della follia, in quel radicale annullamento di se stesso, in quell'assenza presenza che tutto cancella, nella profonda umanità danneggiata, nella familiarità della logica malata di un uomo che somiglia a tutti noi. Un uomo che ha preferito uccidere piuttosto che deludere.
di Camillo De Marco
Sceneggiatura: Nicole Garcia, Jacques Fieschi, Francois Berléand, Frédéric Bélier-Garcia. Fotografia: Jean-Marc Fabre. Musiche:Angelo Badalamenti. Montaggio: Emmanuelle Castro. Interpreti: Daniel Auteil, Géraldine Pailhas, Emmanuelle Devos, Francois Cluzet. Francia, 2002