Sweet sixteen è il tenero, ironico titolo del secondo film di quella che diventerà, con la prossima pellicola, la 'trilogia di Glasgow' di Ken Loach.
Il regista britannico si è affidato ancora una volta alla sceneggiatura di Paul Laverty, dopo Bread and Roses, My name is Joe e La canzone di Carla. Il progetto di Sweet sixteen è nato proprio da My name is Joe: le decine di personaggi immaginati da Laverty (che di mestiere faceva l'avvocato per le organizzazioni per i diritti umani in Centro America) sono defluiti in questa nuova storia metropolitana. Qui i rapporti interpersonali, familiari, prendono il sopravvento e mandano sullo sfondo la pur densissima tessitura sociopolitica cara a Loach.
L'amore disperatamente esclusivo del quindicenne Liam - ragazzo della low class della città scozzese che vive di furti e raggiri - nei confronti della madre Michelle, in carcere per storie di droga, sovrasta lo scenario in cui si muovono i personaggi e diventa l'unica via di fuga da una condizione che vie di fuga non ne offre. Liam, che conta i giorni (70) che lo separano dalla scarcerazione della mamma e sogna di regalarle una roulotte su una verde collina che guarda la città, si fa coinvolgere dalla criminalità nello spaccio di eroina, in una città dove la chiusura dei cantieri navali ha creato disoccupazione e disperazione.
I suoi nemici peggiori sono il nonno, l'attuale compagno della madre e la propria voglia di non soccombere. Suo unico conforto l'amico Pinball e la sorella maggiore, una sorta di angelo che gli lenisce le ferite (non solo metaforiche, Liam fa sempre a botte).
E lo scoprire edipicamente che la madre gli preferisce quel poco di buono del suo uomo porterà Liam sul sottile confine oltre il quale la violenza su gli altri e su se stessi diventa incontrollabile. 'Le mie batterie sono esaurite', sospira Liam alla sorella Chantelle, quando tutto è perduto. 'Oggi è il tuo compleanno, hai sedici anni', risponde lei e comprendiamo che la persona che abbiamo visto spacciare, affrontare i boss, accoltellare la gente è poco più di un bambino, che nessun programma di riabilitazione del governo potrà salvare.
Se la storia è apprezzabile per la sua sobria linearità (quasi si percepisce il dolce sapore del deja vu), a sorprendere in questo film è l'interpretazione dei ragazzi: Martin Compston (Liam) è un fenomenale esordiente trovato dopo mesi di ricerca; Annmarie Fulton (la sorella) una diciannovenne appena uscita dalla scuola di recitazione e William Ruane (Pinball) uno studente con qualche esperienza teatrale.
Ken Loach, in questo film dedicato ai 'dolci sedicenni' britannici senza un destino, ne ha saputo cogliere la credibilità e l'immaginazione di giovanissimi attori.
(Camillo De Marco)
Sceneggiatura: Paul Laverty. Fotografia: Barry Ackroyd. Musiche: George Fenton. Scenografia: Martin Johnson. Montaggio: Jonathan Morris. Interpreti: Martin Compston, Michelle Coulter, Annmarie Fulton, William Ruane, Gary McCormack, Tommy McKee. Gran Bretagna, 2002, M.M. 14