Eddie Morra è uno scrittore in crisi depressiva, incapace di cominciare il primo romanzo che gli è stato commissionato. Per questa sua tendenza all'autocommiserazione e al boicottaggio autoindotto, la fidanzata decide di lasciarlo. Lo stesso giorno incontra per caso Vernon, il fratello della donna con cui è stato sposato per poco tempo molti anni prima. Per placare i suoi tormenti, Vernon, che è un ex-spacciatore, gli offre un farmaco in via di licenza in grado di aumentare le capacità dei recettori neuronali ed attivare tutte le aree del cervello. Il farmaco ha subito un effetto incredibile su Eddie, facendogli non solo recuperare l'autostima perduta ma anche tutti i ricordi più distanti e reconditi. Quando l'effetto svanisce, decide di tornare subito da Vernon per farsi dare altre pillole, ma una volta raggiunto il suo appartamento, trova l'ex-cognato morto sul divano, ucciso da qualcuno interessato allo stesso farmaco.
Il cervello del cinema e quello del suo spettatore non funzionano in modo troppo dissimile. Oltre al fatto che molte delle tecniche utilizzate dai film (ad esempio, il primo piano e il flashback) appaiono come la visualizzazione diretta di alcuni processi mentali (l'attenzione e il ricordo), entrambi si dice siano capaci di sfruttare solo una piccola parte delle loro potenzialità. Cosa significa quindi sfruttare al massimo queste capacità, neuronali o estetiche che siano? Per il protagonista di Limitless significa diventare improvvisamente un genio poliglotta della letteratura e dell'alta finanza. Per il suo regista Neil Burger, significa invece poter utilizzare liberamente e senza vincoli tutti gli effetti più esaltanti e barocchi maturati dall'estetica del videoclip. Dopo aver lavorato con iridi ed effetti seppia per dare una patina da favola d'altri tempi agli illusionismi del mago Eisenheim nella Vienna di fine Ottocento (The Illusionist), stavolta Burger si serve di espedienti tecnici più all'avanguardia, attraverso un impiego ardente e ardito di fisheye, morphing e zoom. E proprio in quella infinita zoomata in avanti dei titoli di testa, con la quale attraversiamo tutta Manhattan come in una mise en abyme, possiamo leggere l'intera configurazione del film. Che altro non è se non una corsa frenetica fra vari generi, una dissolvenza continua fra molteplici suggestioni narrative, sovraccaricate dalle eccitazioni di una sostanza stupefacente.
Ci sono davvero poche barriere non varcate in Limitless (la fantascienza, l'action movie, il thriller), così come molti sono i luoghi tipici dispiegati nell'arco del racconto (la cospirazione politica, la mafia russa, l'alta finanza, la dipendenza dalle droghe). Ognuno di questi input non è tanto finalizzato alla costruzione di una sceneggiatura rigorosa e complessa, quanto a introdurre nuovi stimoli per permettere al “cervello” della macchina da presa di Burger di perseguire un continuo esercizio di stile concitato e galvanizzante. Limitless è perciò, fin dal suo titolo, quasi un manifesto per l'estetica postmoderna, il trionfo di un cinema medio votato principalmente all'esaltazione dei sensi e all'immersione continuativa.
E tuttavia, se il film funziona è proprio in virtù della sua “medietà” esibita. Nella storia di un mediocre scrittore che, grazie a una pillola sintetizzata da un ex-spacciatore, diventa un genio incredibilmente attivo e sagace, possiamo leggere anche il percorso creativo di un film con evidenti falle di sceneggiatura e ambiguità tematiche, che, attraverso un utilizzo brillante degli artifici visivi dell'avanguardia pop, risulta comunque capace di vitalizzare e stupire il suo spettatore.
Scenografia: Patrizia Von Brandenstein. Montaggio: Naomi Geraghty e Tracy Adams. Costumi: Jenny Gering. Musiche: Paul Leonard-Morgan. Fotografia: Jo Willems. Interpreti: Bradley Cooper, Abbie Cornish, Robert De Niro, Andrew Howard, Anna Friel. Produttori: Leslie Dixon, Scott Kroopf. Distribuzione: Eagle Pictures. Origine: U.S.A., 2011.