Nel 2067, Milana ricorda il periodo della sua prima infanzia, quando passava i pomeriggi coi compagni della scuola elementare a creare un piccolo commercio di dvd pirata e a rubare liquirizie dai negozi. In quegli anni, le nuove politiche d'immigrazione francesi causano l'espulsione di molti clandestini e lei, nata in Cecenia e arrivata a Parigi a tre anni senza documenti, rischia di dover abbandonare presto i suoi amichetti. Ma quando i bambini si rendono conto della situazione, si organizzano per tutelare la loro amica. In modo particolare Blaise, il giovanissimo leader della piccola banda, si impegna dapprima facendo in modo che la famiglia accolga Milana in casa sua, e poi organizzando una vera sparizione di grande richiamo per i media.
Il cinema francese manifesta da sempre un'incredibile dolcezza nel raccontare la stagione più acerba dell'uomo, oltre a una straordinaria capacità di entrare in sintonia con lo sguardo puro e gli entusiasmi prorompenti di bambini e adolescenti. Non c'è bisogno di scomodare Truffaut per spiegare che la grande differenza con il cinema americano dedicato all'infanzia sta nella costruzione del punto di vista: laddove gli Stati Uniti giocano coi bambini, interagiscono con loro sia per scorgerne le piccole scoperte, le prime paure, che per suscitare gag o sentimentalismi, la tradizione francese preferisce diventare il bambino che gioca, cercare un'adesione totale con la sensibilità infantile o i turbamenti dell'adolescenza. Tutti per uno perpetua questa suddivisione che vede i ragazzi come il soggetto e quasi mai solamente l'oggetto della rappresentazione. Anzi, rende in qualche modo più evidente la distanza, raccontando quella che potrebbe essere un'avventura di un gruppo di ragazzini estremamente abili e smaliziati in stile I Goonies o Piccole canaglie, attraverso i delicati equilibri fra gravità e leggerezza, fra cronaca e fiaba, de Gli anni in tasca.
L'occhio sulla “piccola impresa” di Blaise e amici per salvare Milana dall'espatrio si mantiene dunque sempre ad un'altezza di poco più di un metro, intento a cercare una perfetta sincronia coi giovanissimi protagonisti e con il loro immaginario fatto di nascondigli, messaggi in codice e innocenti bugie con cui allestire una battaglia sociale che ha le forme e le vesti del gioco, ma che si è fatta per loro estremamente seria. Nel momento in cui si arriva a minacciare l'integrità del branco e i palpiti delle prime infatuazioni, Romain Goupil concede spazio solo a quegli adulti che simpatizzano per la causa dei bambini, in modo particolare alla mamma interpretata da Valeria Bruni Tedeschi. In questo modo, il film si configura come un romanzo sentimentale dove il sottotesto politico e le lotte dei sans papiers restano problemi concreti visti attraverso lo sguardo degli affetti infantili. I ragazzi apprendono la situazione politica e diventano a loro modo dei piccoli rivoluzionari nel momento in cui la brutalità delle istituzioni arriva a scontrarsi con la forza dei loro legami.
Nel cercare di plasmare un nuovo modello per le battaglie sociali, un ideale fatto di creatività e di non violenza con cui sostenere il futuro dell'integrazione e dell'accoglienza, Goupil tende spesso a diluire il suo discorso civile dentro a una parabola sulla genuinità e la forza immaginativa dell'infanzia perduta. Se, così facendo, si fa più flebile il messaggio politico, è vero anche che il film si carica di un sentimento poetico e melanconico tenero e suadente. È tutto magico finché si resta uniti, racconta in sostanza il film. La vera perdita dell'innocenza avviene quando ci si separa e si scopre di essere rimasti soli, con le mani in alto a dichiarare la nostra resa al mondo degli adulti.
Sceneggiatura: Romain Goupit. Scenografia: Jean-Baptiste Poirot. Fotografia: Irina Lubtchansky. Montaggio: Laurence Briaud. Interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Linda Doudaeva, Julies Ritmanic, Louna Klanit, Louka Masset. Produttore: Margaret Menegoz. Distribuzione: Teodora. Origine: Francia, 2010.