Regia e sceneggiatura Tate Taylor.
Montaggio: Hughes Winborne. Musiche: Thomas Newman. Scenografia: Mark Ricker. Costumi: Sharen Davis. Fotografia: Stephen Goldblatt.
Interpreti: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Ahna O’Reilly, Allison Janney, Anna Camp, Sissy Spacek, Eleanor Henry, Chris Lowell, Cicely Tyson.
Produzione: Bronson Green, Chris Columbus, Michael Barnathan.
Distribuzione: Walt Disney.
USA, 2011, 137’
Tratto dall’omonimo romanzo (in Italia tradotto semplicemente in L’aiuto) di Katryn Stockett, ormai best seller in tutto il mondo, ma pubblicato nel 2009 dopo tanti rifiuti, "The Help" racconta una storia di emancipazione femminile e razziale ambientata negli anni ’60 a Jackson nel Mississipi. Il punto di vista assunto è quello di una giovanissima giornalista che prova a scrivere un lungo articolo, poi libro, a proposito delle domestiche di colore che lavorano ogni giorno badando alla casa ecrescendo i figli delle famiglie "bianche" della zona. Siamo nel sud degli Stati Uniti, lì dove il razzismo è più forte che altrove ed è anche sostenuto da molte leggi. Il movimento per i diritti civili di Martin Luther King sta acquistando forza, ma le condizioni di molte lavoratrici, nonché la considerazione che ricevono, sono le stesse che hanno caratterizzato da sempre i rapporti tra padroni e schiavi. La pubblicazione di un libro che racconti dal punto di vista di questi ultimi come e cosa significhi vivere in questi contesti diventa così un’opportunità per fare aprire gli occhi a tutti gli osservatori "terzi", nonché una dolce vendetta su chi pensa che mettere i piedi in testa al prossimo sia una pratica legittima e senza alcun rischio.
Tate Taylor scrive e adatta per il grande schermo una storia che ha sì un pizzico di retorica, ma che riesce a bilanciare bene dramma e commedia, lasciando nello spettatore tanti sorrisi, ma anche riflessioni. E’ vero, nel mondo occidentale lo schiavismo è un fenomeno che continua ad esistere, ma che ormai si manifesta in situazioni diverse (è schiavismo quello di una ragazza obbligata a prostituirsi dal suo pappone e lo è quello di un immigrato clandestino costretto a lavorare in condizioni estreme e che pensa di non avere il diritto o non ne ha proprio la possibilità di rivolgersi alle autorità). Non è mai "legalizzato" ed assieme al razzismo sono quantomeno sempre condannati dall’opinione pubblica. Ciò non toglie che questi atteggiamenti pervadano o rischiano di pervadere tanti altri momenti della nostra vita quotidiana o direttamente alcuni dei nostri pensieri. Per queste ragioni il film ha comunque una sua "attualità" e si può pensare che l’avrà sempre.
Per fare acquistare credibilità alla storia Taylor punta prima di tutto sulla credibilità dei personaggi. Ecco quindi che solo le tre protagoniste, Skeeter, Aibileen e Minny a muovere le fila del racconto, sono le loro ambizioni, delusioni e voglia di rivalsa, a farsi simbolo convincente di un’intera gamma di valori. In definitiva un bel film, adatto a qualsiasi tipo di pubblico, non pesante come le oltre due ore di durata potrebbero lasciare presagire, ma profondo e rinfrancante come il grande cinema, per fortuna, ogni tanto continua a essere in grado di fare.