Regia: Mateo Zoni.
Montaggio: Sara Pazienti. Musiche: Piernicola Di Muro. Fotografia: Alessandro Chiodo.
Interpreti: Paola Pugnetti, Giada Meraglia, Marcella Diena, Eleonora Deidda, Marco Romeo, Laura Polito, Stefano Bardi, Eleonora Rizzi, Giancarlo Pugnetti, Mirko Salati.
Produzione: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotti Calori, Andrea Gambetta.
Distribuzione: Cinecittà Luce.
Italia, 2011, 67’
Paola sta per compiere diciotto anni, di cui gli ultimi quattro trascorsi lontano dalla famiglia, in comunità. Non può e non vuole tornare a casa. Figlia di una donna musulmana e di un contadino, si trova divisa tra due culture molto diverse tra loro. Ora sarà inoltre costretta ad affrontare, dopo un lungo periodo di sofferenza, tutte le difficoltà legate alla fine dell’adolescenza e all’ingresso nell’età adulta. Se non si sapesse nulla di Ulidi, iniziando a vedere il film si penserebbe senza esitare ad un documentario. Un documentario che parla appunto di Paola, una ragazza che ha tentato due volte di suicidarsi e che tra un anno potrà lasciare la comunità dove ha vissuto nell’ultimo periodo. Zoni si concentra sulla sua vita quotidiana e il rapporto che c’è con gli altri ragazzi e i tutor, con l’uso di una videocamera digitale e senza grandi strumenti.
Ma Ulidi piccola mia non è un documentario. È invece un documentario a soggetto: volgarmente, un mockumentary. Zoni prende spunto da un libro della psicologa Maria Zirilli, Fuga dalla follia - Viaggio attraverso la Legge Basaglia, e trova la sua protagonista Paola grazie ad uno spettacolo teatrale. Nasce da qui l’idea di portare sul grande schermo questa storia ambientata in una comunità come se fosse un documentario piccolissimo e low budget. Che a qualcuno ha già dato un po’ l’impressione di vouyerismo.
Sarebbe disonesto negare al film una sua certa efficacia: non a caso se si pensa a priori che il prodotto sia davvero di stampo documentaristico, ci si potrebbe pure “cascare”. In questo Zoni è bravo ed organizza il pro-filmico in modo convincente, aiutato da una recitazione assolutamente naturale della protagonista e di tutti gli attori. Chiaramente i dubbi sulla natura fittizia del film vengono meno col passare dei minuti, ma non è questo il problema.
Più che altro Ulidi piccola mia sembra un film molto programmat(ic)o, studiato in ogni dettaglio per raggiungere uno scopo emotivo, estorcendo allo spettatore l’empatia verso le figure protagoniste. E non ci sarebbe nulla di scandaloso nel fare i maliziosi e pensare per un attimo che alcuni difetti del sonoro siano stati creati ad hoc per creare una sensazione ancora più forte di verosimiglianza.