Regia: Madonna. Sceneggiatura: Madonna, Alek Keshishian.
Montaggio: Danny B. Tull. Musiche: Abel Korzeniowski. Scenografia: Martin Childs. Costumi: Arianne Phillips. Fotografia: Hagen Bogdanski.
Interpreti: Abbie Cornish, Natalie Dormer, Oscar Isaac, Richard Coyle, Andrea Riseborough, Annabelle Wallis, James D’Arcy, James Fox.
Produzione: Madonna, Kris Thykier.
Distribuzione: Archibald.
Regno Unito, 2011, 110’
Già attraverso il suo esordio dietro la macchina da presa, quel "Sacro e profano" (2008) che provvide a raccontare le storie di una lavorante in una farmacia con il sogno di fare la volontaria in Africa, di una ballerina che si riscopriva lap dancer per poter pagare l’affitto e di un musicista costretto a soddisfare i fantasmi sadomaso dei clienti al fine di finanziare le prove del suo gruppo punk-gitano, l’arcinota cantautrice Madonna Louise Veronica Ciccone – conosciuta nel mondo come Madonna – trasferì sullo schermo diversi aspetti della propria personalità.
All’interno della sua seconda prova registica, la ex compagna di Guy Ritchie sembra continuare a non rinunciare al tentativo di riportare allegoricamente su celluloide le personali ossessioni, in questo caso riassumibili nella ricerca del vero amore e del significato della felicità nel contesto dell’epoca moderna.
E lo fa ricorrendo alla figura della maltrattata e frustata Wally che, interpretata dalla Abbie Cornish di "Sucker punch" (2011), vive intrappolata in un matrimonio infelice a Manhattan, non pensando altro che a Wallis Sampson alias Andrea Riseborough, elegante divorziata americana che ha conquistato il cuore di Edoardo VIII, con le fattezze del James D’Arci de "L’esorcista - La genesi" (2004) e disposto per lei ad abdicare al trono d’Inghilterra.
Una storia tutta al femminile che, segnata da una continua ricerca della sensualità, sia nelle sequenze di dialogo che in quelle decisamente più fisiche (citiamo i momenti di ballo), vede la protagonista ispirarsi alla determinazione della Duchessa di Windsor nel perseguire l’amore anche di fronte all’esilio sociale, tra desiderio di fecondazione assistita e riflessione su quanto sia vero che gli uomini sono tutti possessivi.
Mentre non si rinuncia affatto ad un pizzico d’indispensabile ironia e, in mezzo ad attori ben diretti, notevole cura per fotografia, scenografie e costumi e tutt’altro che disprezzabili scelte registiche, la pop star che ci ha regalato successi come "Material girl" e "Like a prayer" dimostra di non essere affatto impreparata per quanto riguarda il lavoro di narratrice da grande schermo.
Anche se tira l’insieme un po’ troppo per le lunghe e finisce soltanto per esagerare quando vuole presuntuosamente apparire, a tutti i costi, autrice con la "a" maiuscola (fuori luogo risulta la scena dell’asta commentata da "Pretty vacant" dei Sex pistols).