Regia: Ursula Meier. Sceneggiatura: Antoine Jaccoud, Ursula Meier. Scenografia: Ivan Niclass Montaggio: Nelly Quettier. Fotografia: Agnès Godard. Musiche: John Parish. Costumi: Anna Van Brée.
Interpreti: Lèa Seydoux, Kacey Mottet Klein, Martin Compston, Gillian Anderson, Jean-François Stévenin, Yann Trégouet, Gabin Lefebvre, Dilon Ademi, Magne-Havard Brekke
Produttore: Ruth Waldburger
Distribuzione: Teodora Film.
Origine: Francia, Svizzera, 2012.
Durata: 97'.
Orso d’Argento al Festival di Berlino 2012
Vincoli di sangue di solitudini alla deriva. Lei, una ragazza ribelle e nichilista al punto di perdere gli umili lavori che riesce a trovare, propensa ad amori facili e violenti così come all'alcol. Lui, un tredicenne che vuole prendersi quanto gli è negato. Si danno il ruolo pubblico di fratello e sorella - meno vincolante e socialmente più accettabile - per una forzata convivenza in cui uno si dimostra in cerca d'affetto, protettivo, geloso, e l'altra invece insofferente e autodistruttiva. Per quest'opera seconda (vincitrice dell'Orso d'Argento), la co-sceneggiatrice e regista Ursula Meier visivamente ha reso la distanza tra le classi sociali e l'assenza di prospettive con una vallata – dove vivono i protagonisti - di ciminiere industriali, capannoni fatiscenti, grigie case popolari, circondata da montagne mèta di sciatori abbienti. Lo spazio e il tempo drammaturgici sono quasi tutti per il personaggio di cui veste i panni Kacey Mottet Klein, che coniuga una vulnerabile innocenza messa da parte troppo in fretta e un prematuro cinismo strafottente. Dedicandosi al furto pendolare, il giovane usa la funivia come mezzo d'assalto al paradiso delle strutture turistiche, dove si muove negli interstizi - tra sale macchine, magazzini-dispense e lavoratori stagionali - guidato da una lucida determinazione e organizzato. Nel corso degli eventi diviene talmente sicuro di sè da abbandonare l'esigenza di travisarsi, s'inventa uno status benestante, tenta affari con adulti e coinvolge un bambino nella propria attività, ma prova poi sulla sua pelle quanto i ricchi siano pronti a tirar fuori tutta l'aggressività quando vengono toccati nella loro proprietà. Nonostante alcune forti scene fisiche (una su tutte, l'accordo per dormire nello stesso letto) e un finale aperto alla speranza, che comunque arriva privo di un percorso precedente, “Sister” sembra però un laboratorio programmatico che - induttivamente - piega le dinamiche umane ad un'idea, dando l'impressione di artificio.