Il film sta per concludersi. Roma è inquadrata dall'alto. Le case si fanno via via più lontane mentre strade e vicoli della città diventano sempre più evidenti, finché sottili linee bianche disegnano attraverso di essi una grandissima ragnatela. Scriveva Solone: "La giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi".
Renzo Martinelli, regista 'impegnato' noto per il recente "Vajont", continua a provocare. Con "Piazza delle Cinque Lune", sembra quasi voler sconcertare il pubblico, mettendo sul piatto con grande sapienza alcuni dei famosi misteri del 'Caso Moro'. L'intenzione è ben precisa: turbare lo spettatore e indurlo a ritornare su uno dei più delicati momenti storici della nostra storia recente.
"Piazza delle Cinque Lune" è uscito nelle sale il 9 maggio, esattamente 25 anni dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro nella R4 rossa in via Caetani.
Martinelli racconta e dispone le scene perché tutti ricordino e anche i più giovani possano conoscere un episodio dopo il quale il nostro paese non fu più lo stesso. La scelta di un' andatura da thriller va in questa direzione. Non è certo il ritmo quel che manca al film. E lo spettatore viene via via intrappolato nella tela di un evento su cui nessuno è mai riuscito a far davvero luce, su intrighi che sembrano velati da un mistero sempre più fitto.
Le difficoltà in cui vennero subito bloccate le indagini è raccontata attraverso una figura particolare. È il Procuratore di provincia Rosario Saracini (Donald Sutherland), che, dopo aver ricevuto da un presunto ex-brigatista un documento sconvolgente (un filmato sull'attentato di via Fani, in cui fu rapito Moro), incomincia a indagare sul caso. E una ricerca estenuante si apre, un vortice che genera continuamente nuove difficoltà, aprendo innumerevoli problemi da risolvere.
Ottime le interpretazioni degli attori. Donald Sutherland sa restituire perfettamente la sete di verità che brucia il procuratore. Bellissima l'immagine di lui a Versailles, accanto alla statua del Titano Morente. Saracini è infatti un uomo ormai animato soltanto dal desiderio di conoscere la verità, mentre tutto il resto perde qualsiasi importanza e la sua è ormai una vera e propria missione. Così il Titano Morente, simbolo dell'uomo oppresso da una forza 'trascendente', rappresenta pienamente il difficile destino di quest'uomo, come di moltissimi fra quelli che hanno tentato di svelare i misteri del 'Caso Moro'. Altra interpretazione eccellente, oltre a quella di Giancarlo Giannini (collaboratore di Saracini), la dà Stefania Rocca, nel ruolo di un giovane magistrato. Coinvolta nell'indagine, la giovane si dà completamente al lavoro, pronta a sacrificare ogni cosa, nonostante la sua età, per venire a capo dell'intricatissima vicenda. Un perfetto contraltare rispetto alla figura del maturo procuratore.
Sceneggiatura: Renzo Martinelli e Fabio Campus. Fotografia: Blasco Giurato. Musiche: Paolo Buonvino. Montaggio: Massimo Quaglio. Interpreti: Donald Sutherland, Giancarlo Giannini, Stefania Rocca, Aisha Cerami. Italia, 2003.