Regia: Alessandro Genovesi. Sceneggiatura: Alessandro Genovesi, Fabio De Luigi. Scenografia: Paolo Sansoni. Montaggio: Claudio Di Mauro. Fotografia: Federico Masiero. Musiche: Pivio e Aldo De Scalzi. Costumi: Nicoletta Ceccolini.
Interpreti: Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Diego Abatantuono, Laura Chiatti, Antonio Catania, Anna Bonaiuto, Dino Abbrescia, Andrea Mingardi, Ale, Franz.
Produttore: Maurizio Totti, Alessandro usai
Distribuzione: Warner Bros.
Origine: Italia, 2012. Durata: 90'.
"Il peggior Natale della mia vita" ha un merito: è l'antitesi della cafonaggine dei cinepanettoni d'ordinanza che ci hanno rifilato impunemente in questi anni, trionfo di una società truzza e bunga-bunga.
Quella della lampada al quarzo, della chirurgia plastica e della volgarità spandona. I "nuovi mostri", per intenderci, che erano (sono?) diventati maggioranza rumorosa. Il film rinuncia già a priori a rimasticare i residui della commedia all'italiana, non a caso guarda a una sitcom inglese della Bbc (The Worst Week of My Life), proseguendo la serie della "peggior settimana" iniziata con successo un anno fa. Paolo (Fabio de Luigi), è uno capace di trasformare un battito d'ali in un ciclone tropicale. La sua gentilezza impacciata alleva in grembo la catastrofe. E' riuscito a sposare Margherita (Cristiana Capotondi) - ora aspettano un bambino - e, per il cenone natalizio, ha accettato l'invito di Alberto (Diego Abatantuono) che ha rimesso a nuovo un castello valdostano. L'uomo è scampato ad un malattia e ha importanti novità lavorative da annunciare al sua braccio destro, Giorgio (Antonio Catania), il suocero di Paolo. La convivenza, già nervosa (si attendono eventi e notizie importanti!) si rivelerà presto disastrosa per la maldestrezza fracassona di quest'ultimo. Paolo, improvvido e sventato, rovina il tacchino della Vigilia, uccide per sbaglio l'amata cocorita del padrone di casa, annuncia il decesso di un vivo, allaga la casa e rischia di provocare un incendio. In tutto questo bailamme, uno scoppiettare di gravidanze a termine, agnizioni di sorelle sconosciute, parenti aguzzini e serpenti, carognate al femminile e suocere etiliche, maggiordomi indolenti e cori di Jingle Bells. Nessuna pretesa di satira di costume. Il modello di riferimento è una certa comicità british con la sua filosofia di comicità astratta, fatta di ritmi e situazioni. Una comicità che è esercizio di stile: vedi Stanlio e Ollio o la "comica finale" pazzerellona. Rispetto ai canoni della risata grassa e casereccia della commedia nostrana all'amatriciana, questa è comunque una alternativa di fuga. C'è qualche momento di stanca, ma non mancano le risate e le gag irresistibili. La compagnia degli attori è affiatata, con assoli di gran classe.
Il film si può vedere senza ledere la propria autostima. Forse il peggior Natale della nostra vita di spettatori deve ancora venire.