Sceneggiatura: Peter Hedges, Paul Weitz & Chris Weitz
Fotografia: Remi Adefarasin
Scenografia: Jim Clay
Costumi: Joanna Johnston
Musica: Damon Gough
Montaggio: Nick Moore
Prodotto da: Jane Rosenthal, Robert De Niro, Tim Bevan, Eric Fellner
(USA, UK, Francia 2002)
Durata: 101'
Distribuzione cinematografica: Uip
PERSONAGGI E INTERPRETI
Will: Hugh Grant
Fiona: Toni Collette
Rachel: Rachel Weisz
Marcus: Nicholas Hoult
Susie: Victoria Smurfit
Christine: Sharon Small
"Afraid of commitment", paura di impegnarsi: è questo il
morbo invisibile che attecchisce su adulti attempati, trentenni
single, scapoli recidivi, individui benestanti. Si tratta di esseri
capaci di vivere se stessi come un'isola, accogliendo solo
temporaneamente nel proprio arcipelago la compagnia a
tempo determinato di altri adulti di sesso diverso per la durata
necessaria a consumare un rapporto sentimentale e uno
scambio fisico dal cui prolungamento, oltre la scadenza
naturale, derivano le peggiori rogne che un adulto di sano
equilibrio e normale esperienza, possa e debba legittimamente
cercare di evitare: dipendenza psicologica, risentimento
progressivo, noia, ricatti affettivi, rappresaglie psicologiche,
soppressione ineluttabile della propria libertà.
About a boy tratto dal notevole romanzo di Nick, nonostante
il suo tocco satirico e la leggerezza del passo da commedia,
non fa mistero di occuparsi proprio di questo.
Del resto, chi meglio di Hugh Grant, che nel Diario di Bridget
Jones aveva oltraggiosamente interpretato questa paura nella
sua versione maschile ed egocentrica poteva indossare un
personaggio assai affine in questo film ?
La differenza sta nel fatto che, stavolta, come narra nel suo
racconto con graduale persuasività Hornby - una delle voci più
spigliate, argute e rivelatrici della letteratura europea
contemporanea - il protagonista sarà costretto ad
abbandonare la sua isola.
Diretto da Paul e Chris Weitz, responsabili del successo del
primo American Pie, il film non ha la complicità
generazionale e neanche i vezzi registici di Alta fedeltà,
l'altro romanzo di successo di Hornby che Stephen Frears e il
suo protagonista, John Cusack, hanno trasferito dall'originaria
ambientazione britannica a Chicago, con conseguenze
piuttosto dannose sulla fisionomia di storia e caratteri. Ma a
differenza di questo, il film con Hugh Grant, che vede anche
De Niro tra i produttori, lavora con sicuro pragmatismo alla
efficacia del suo messaggio. Proprio questo lo rende il miglior
film, fino ad oggi, tratto da Hornby.
Grant passa infatti le sue giornate a godersi i proventi di una
popolare canzone natalizia composta dal padre decenni prima
- cosa che gli permette di non fare nulla che non sia
programmarsi la giornata nella forma di un palinsesto di quiz
televisivi e shopping, e caccia a partner femminili. E' uno
specialista in addii e fughe di fronte al profilarsi di
"commitment" (impegni affettivi e morali), ma anche della
ricerca di single con figli. Le più indifese. Per migliorare le sue
prestazioni si finge esso stesso genitore con figlio, al fine di
partecipare ad un collettivo di adulti con le medesime
caratteristiche ma è da quelle parti che finisce per incontrare
la più radicale obiezione alla sua filosofia di vita. Un bambino,
Marcus, in carne ed ossa, ancor più indifeso della propria
madre (Toni Collette, che è afflitta da una nevrosi che la porta
al tentato suicidio), di quelli che vengono martirizzati in classe
dai più rudi e tozzi, un bambino da proteggere, da educare con
scarpe da ginnastica e cd che lo sottraggano all'area degli
sfigati che è il territorio preferito dei soprusi dei più violenti. Ma
anche un ragazzino, di 12 anni, capace di fingere di essere
suo figlio, per consentire alle sue finzioni di spietato seduttore,
di essere il più convincenti possibili.
Naturalmente, la farsa verrà smascherata, la tempesta degli
affetti si abbatte sull'isola e il decalogo da perfetto single del
protagonista finirà in frantumi. Nulla di diverso di quanto
accade da sempre in tutte le commedie hollywoodiane dove
ogni fortezza eretta dal disimpegno maschile contro l'esercito
dei sentimenti è destinata alle macerie (come nei film con
Katherine Herpburn). Solo che stavolta non è una femmina
intraprendente ma un innocente teenager a portare rovina.
Nicholas Hoult, il dodicenne, ha una faccia imperdibile da
smarrito che promette di non finire qui la sua carriera, la regia
non sbaglia un attacco di montaggio e non fa mancare nulla
allo humor di cui il film ha bisogno (né la voce fuori campo del
protagonista, né le scene più divertenti del libro), e se il finale
è più dolciastro di quello originale del romanzo (ma anche più
inventivo), la riservatezza, quasi delicatezza, con la quale
porge il suo monito (crescere è un problema senza età), vale
anche dì più del prezzo del biglietto. Grant è probabilmente al
suo film migliore: lo stupore e l'impaccio con i quali è alle
prese nel tentativo di dismettere il suo "afraid of
committments", potrebbero far spendere a Bridget Jones un
sacco di gustose pagine del suo diario.
(Mario Sesti)