Regia: Cristian Mungiu. Scenografia: Călin Papură, Mihaela Poenaru. Montaggio: Mircea Olteanu. Fotografia: Oleg Mutu.
Interpreti: Cosmina Stratan, Cristina Flutur, Valeriu Andriuta, Dana Tapalaga, Catalina Harabagiu, Gina Tandura, Vica Agache.
Produttore: Cristian Mungiu.
Distribuzione: BIM Film.
Origine: Romania, Francia, 2012.
Durata: 155'.
Ignoranza e fede cieca che uccidono. Liberamente tratto dai due romanzi “non-fiction” di Tatiana Nicolescu Bran basati su un episodio di cronaca nera, terzo film sceneggiato e diretto da Cristian Mungiu (viene dopo “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni”, Palma d'Oro a Cannes e opera che lo ha fatto conoscere in Italia), “Oltre le colline” mette inoltre in scena il contrasto tra due amori, uno relazionale e uno trascendente, con il lento, inarrestabile, tragico chiudersi del circolo vizioso originato dall'inutile inseguimento dell'uno verso l'altro e dalle reazioni alle rispettive frustrazioni. In apertura, il cartello all'ingresso del monastero ortodosso (“vietato l'ingresso ai fedeli di altre religioni”) e poi una delle massime del cosiddetto “papà” (“un uomo che parte non è più lo stesso”, in un'accezione negativa) sintetizzano una mentalità chiusa, tutta nel solco dell'osservanza di severe regole legate al culto (il divieto di entrare in chiesa quando si ha il ciclo, la lettura notturna delle sacre scritture in cappella, le penitenze dopo la confessione dei peccati, il digiuno, fino ad arrivare all'esorcismo). Un eremo con un pozzo per l'acqua, senza luce elettrica, riscaldato da una stufa a legna - e quindi fuori da coordinate spazio-temporali - assurge così a simbolo universale, mentre alcuni accenni danno un'idea di contesto sociale problematico a partire dai suoi alti gradi ai poli opposti; i riferimenti sono, infatti, alla religione, con il vescovo che si rifiuta di consacrare la nuova chiesa finché non sarà stata affrescata, e alla scienza, con la freddezza di una dottoressa d'ospedale che, appena constatato un decesso dalle probabili implicazioni omicide, al telefono parla di giocattoli per i propri bambini. Le suore in nero sulla neve che trasportano la barella dove è legata una ragazza, il vapore che le esce dal naso nella stanza in cui viene rinchiusa, quasi a suggerire una possessione, o l'avvicinarsi dei passi fuori dall'uscio con i cani che abbaiano: quando sembra virare verso una dimensione horrorifica, il racconto assume anche una decisa potenza iconografica.