Regia: Paolo Sorrentino. Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello. Scenografia: Stefania Cella. Montaggio: Cristiano Travaglioli. Musiche: Lele Marchitelli. Costumi: Daniela Ciancio. Fotografia: Luca Bigazzi
Interpreti: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Piero Gimondo, Isabella Ferrari, Serena Grandi, Giorgio Casotti, Massimo Popolizio, Giulia Di Quillo.
Produttore: Francesca Cima, Nicola Giuliano.
Distribuzione: Medusa.
Origine: Italia, Francia, 2013.
Durata: 142'.
Già a partire dalla caotica sequenza della festa, soltanto pochi minuti dopo l’inizio, risulta chiaro il tentativo di far apparire lo spettacolo che scorre sullo schermo nelle vesti de “La dolce vita” (1960) secondo il napoletano classe 1970 Paolo Sorrentino, autore de “Il divo” (2008) e “This must be the place” (2011).
Del resto, man mano che troviamo in scena, tra gli altri, Carlo Buccirosso e un Carlo Verdone provvisto di occhiali e baffi, con le fattezze di Toni Servillo ne è protagonista il sessantacinquenne Jep Gambardella, scrittore e giornalista che, dolente e disincantato, assiste alla sfilata di un’umanità vacua e distratta, potente e deprimente.
Un’umanità fagocitata in una babilonia disperata e i cui elementi spaziano da una ricca Isabella Ferrari a una Serena Grandi cocainomane, passando per un Lillo Petrolo collezionista d’arte contemporanea; in mezzo a dame dell’alta società, politici, criminali d’alto bordo, attori, nobili decaduti e alti prelati comprendenti il bellocchiano Roberto Herlitzka.
Un’umanità immersa nei palazzi antichi, nelle ville sterminate e sulle terrazze più belle di una Roma estiva, indifferente come una diva morta mentre ospita anche i volti di Massimo Popolizio, Giorgio Pasotti e Iaia Forte.
Senza contare un cameo del veterano Aldo Ralli e una ancora sensuale Sabrina Ferilli che, concedendosi addirittura uno striptease in silhouette, contribuisce a testimoniare la immancabile ossessione per l’estetica tipica di colui che esordì tramite “L’uomo in più” (2001). Ossessione che, forte della fotografia a cura dell’infallibile Luca Bigazzi, provvede senza dubbio a rendere omaggio alla città eterna, fornita quasi di erotismo all’interno delle molte inquadrature che la ritraggono, a firma del regista insieme a Umberto Contarello.
Perché siamo d’accordo che il brevissimo incontro con Fanny Ardant non manchi affatto di poesia e che la sequenza in cui Galatea Ranzi viene grottescamente smascherata durante una conversazione di gruppo non possa fare a meno di essere annoverata tra le migliori dell’insieme.