Regia: Peter Jackson. Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Peter Jackson, Guillermo del Toro. Scenografia: Dan Hennah. Montaggio: Jabez Olssen. Costumi: Weta Workshop. Fotografia: Andrew Lesnie. Musiche: Howard Shore
Interpreti: Martin Freeman, Benedict Cumberbatch, Lee Pace, Ian McKellen, Hugo Weaving, Orlando Bloom, Elijah Wood, Richard Armitage, Cate Blanchett, Billy Connolly, Evangeline Lilly, Andy Serkis, Luke Evans, Christopher Lee, Aidan Turner, Ian Holm.
Produttore: Carolynne Cunningham, Zane Weiner, Fran Walsh, Peter Jackson.
Distribuzione: Warner Bros.
Origine: USA, Nuova Zelanda 2013.
Durata: 161'.
Appena superati i titoli di testa, gli spettatori più attenti potrebbero scorgere il regista Peter Jackson in una fugace apparizione simile a quella già fatta dallo stesso ne “Il signore degli Anelli-La compagnia dell’anello” (2001) in questa continuazione de “Lo hobbit-Un viaggio inaspettato” (2012), tramite cui aveva aperto la trilogia volta a fare da prequel alle avventure di Frodo e amici, in quanto ambientata sessant’anni prima di esse. Continuazione che, ovviamente ancora tratta dalle pagine di J.R.R. Tolkien, vede Martin Freeman e Ian McKellan di nuovo nei panni di Bilbo Baggins e del mago Gandalf il Grigio, in viaggio verso Est con tredici nani guidati da Thorin Scudodiquercia, alias Richard Armitage, per la riconquista della Montagna Solitaria e del perduto Regno dei nani di Erebor, finito nelle mani del terribile drago Smaug. Drago di cui, come c’era da aspettarsi, non si attende altro che la spettacolare entrata in scena, destinata ad arrivare, però, soltanto nel corso dell’ultima parte delle circa due ore e quaranta di visione; destinate a tirare in ballo, tra gli altri, Beorn il cambia pelle, incarnato da Mikael Persbrandt e in grado di mutare il proprio aspetto da quello di uomo di grossa taglia a ben più grande orso, la minacciosa foresta di Bosco Altro e una banda di elfi capitanati da Tauriel, con le fattezze di Evangeline Lilly, insieme al ritrovato Legolas, interpretato come nella trilogia originale da Orlando Bloom. Senza contare la sequenza atta a coinvolgere un’orda di giganteschi ragni, che, se da un lato più delle altre lascia riconoscere il tocco dell’autore di “Meet the Feebles” (1989) e “King Kong” (2005), dall’altro mette a dura prova gli spettatori aracnofobici, che possono magari rifarsi con momenti maggiormente volti al divertimento come quello dello scontro eseguito sfruttando barili galleggianti in acqua. A rimanerne soddisfatti saranno più gli irriducibili seguaci tolkieniani che i fan di colui che è stato definito lo Steven Spielberg neozelandese.