Regia: Frederic Fonteyne Sceneggiatura: Anne Paulicevich, Philippe Blasband. Scenografia: Veronique Sacrez. Montaggio: Ewin Ryckaert. Fotografia: Virginie Saint Martin. Costumi: Catherine Marchano.
Interpreti: François Damiens, Sergi Lopez, Jan Hammenecker, Anne Paulicevich, Zacharie Chasseriaud, Chicco Frumboli.
Produttore: Patrick Quinet, Claude Waringo.
Distribuzione: Bolero Film. Origine: Belgio, Francia, Lussemburgo, 2012.
Durata: 105'.
La sceneggiatura è bizzarra, imprevedibile, nasconde bene le sue carte. I personaggi tutti interessanti. Ci sono due uomini, due amici, uno di origine spagnola (Sergi Lopez), l'altro belga (Jan Hammenecker). Condividono - per motivi che ci verranno rivelati solo nel finale - una donna (Anne Paulicevich, anche co-sceneggiatrice), madre di un ragazzino sempre ingrugnato (Zacharie Chasseriaud), infermiera e ballerina di tango a tempo perso. Potrebbe sembrare il classico ménage a trois, ma non lo è: c'è un terzo uomo (François Damiens), il tipico sfigato. Vive da solo, con pesciolino rosso. Fa la guardia carceraria, anche lui un dilettante del tango. E' durante una delle lezioni di ballo che conosce la donna e se ne innamora. C'è un problema, anzi più di uno: nel penitenziario dove lavora l'uomo sono rinchiusi i due amici di cui sopra, sentimentalmente legati alla donna di cui sopra, la madre e l'infermiera e la ballerina di tango. Sarebbe già una situazione difficile là fuori, figuriamoci dentro lo spazio chiuso e il tempo sospeso di una realtà dietro le sbarre. Eppure da una situazione paradossale possono venire fuori le soluzioni più inaspettate.
E certo non lesina sorprese il nuovo film del belga Frédéric Fonteyne, che chiude la trilogia dell'amore, dopo Una relazione privata e La donna di Gilles. Rispetto ai due lavori precedenti, questo ha un intreccio più aggrovigliato e un approccio più accattivante. Resta però fedele all'amore, e pazienza se questa fedeltà finisce per generare le infedeltà e le situazioni più impensabili. Non ha il cuore forse le sue ragioni che la ragione non conosce?
Anche il cinema ha le sue e Fonteyne le rispetta tutte: il film è ineccepibile per stile, scrittura, recitazione. Possiede originalità da vendere e ammirevole disinvoltura per come riesce a dipanare una matassa intricata. Tango Libre è tanti – troppi? - film in uno: è commedia romantica e machiavellica, un prison movie leggero, una storia intimista, un musical con “la malinconia triste del tango" (Fonteyne).
E il tango è un generatore di ulteriori sottotesti: ballato in carcere dai detenuti - in una delle scene più belle - diventa metafora della volontà di liberazione dei corpi. Ma è anche passione, tradimento, pulsione latente (l’omosessualità), desiderio. Il tango è ritmo, e Tango Libre ha il ritmo sincopato di una milonga, fatto di correnti emotive che s'incontrano e si scontrano, di improvvise accelerazioni, di pause, fasi di studio e perentorie esplosioni.
Ed è un film sul cinema. Come la guardia che vede e non viene visto da nessuno, così è lo spettatore. Il suo modo di osservare il mondo cambierà quando ciò che guarda rimetterà in moto il circuito misterioso della passione. Quando da spettatore cioè diventerà attore. E cos’è il cinema se non questo meraviglioso atto d'amore capace di "farci vivere" ciò che stiamo solo guardando?