Regia: Franco Maresco. Sceneggiatura: Franco Maresco, Claudia Uzzo. Scenografia e costumi: Cesare Inzerillo, Nicola Sferruzza. Montaggio: Franco Maresco. Fotografia: Luca Bigazzi.
Interpreti: Ciccio Mira, Salvatore De Castro, Vittorio Ricciardi, Tatti Sanguineti, Salvatore Ficara, Valentino Picone, Marcello Dell’Utri, Vittorio Sgarbi.
Produttore: Ila Palma. Distribuzione: Parthenos. Origine: Italia, 2014.
Durata: 95'.
Franco Maresco, il regista palermitano di "Cinico Tv" e di alcuni straordinari film, da Lo zio di Brooklyn a Il ritorno di Cagliostro, dopo la separazione dal socio Daniele Ciprì, ha deciso di raccontare la storia d'amorose corrispondenze tra Silvio Berlusconi e la Sicilia. Un viaggio "in solitaria" tra costume e politica, musica di piazza e cultura mafiosa, finanza e televisioni private.
Maresco non ha in mente un film di denuncia, né a tesi. Non sarebbe nelle sue corde. Ha in mente un'inchiesta sui generis che vuole andare alle radici di un fenomeno culturale e di costume apparentemente solo siciliano, in verità intimamente italiano. Un progetto difficile, insomma, che si allunga nel tempo: le riprese iniziano quando Berlusconi è al potere ed arrivano (senza finire) sulle code della sua parabola politica, sconfinando nella tanto veloce quanto sospetta "rimozione collettiva nazionale".
Belluscone, una storia siciliana è un film già di culto. Un'opera straordinaria, intimamente wellesiana, un F for Fake palermitano, divertente e tragico. Un giro nell'ottovolante dell'assurdo
siciliano e italiano. Sublime, una delle cose più sorprendenti e potenti del cinema italiano (ma Maresco ne ha mai fatto parte?) degli ultimi tempi. Ma anche il film più bello dell'attuale Mostra di Venezia. Belluscone. Una storia siciliana è anche un film divertentissimo, sorretto da un'intelligenza sopraffine (e crediamo che molte siano le sue possibilità anche commerciali). Ma è anche un film complesso e stratificato. È un film politico ma non perché parla di Berlusconi e delle compromettenti relazioni con il sistema mafioso, e neanche perché accenna a una continuità tra ieri e oggi, come dimostra il repertorio della comparsata televisiva di Renzi nel programma televisivo "Amici", già visto mille volte, ma qui eclatante nel suo essere manifesto di una progressione culturale. È un film politico perché parla degli italiani e dell'Italia, un film su di noi e per noi, se solo avessimo il coraggio di vedere quel che siamo, seppure deformati nei volti assurdi dei personaggi freaks di Maresco. Belluscone è anche un film sul cinema che non si può più fare, sulla libertà artistica che si tenta di governare, sulla memoria che si vuole manipolare, sulla rimozione che non smette di agire, sulla solitudine di chi parla contro il coro, sulla cultura mafiosa che si pensa di folklore, sulla televisione che ha devastato l'immaginario nazionale, sulla musica popolare che piace e confonde, sui giovani e la tecnologia, sui vecchi e l'omertà...