Regia: Pierre Salvadori. Sceneggiatura: Pierre Salvadori, David Leodard, Benolt Graffin. Fotografia: Gilles Henry. Montaggio: Isabelle Devinck. Musiche: Gregoire Hettzel, Sthephin Merritt. Scenografia: Michael Berthèlémy, Bons Piot. Costumi: Virginie Montel. Interpreti: Catherine Deneuve, Antoine Kerven, Fèodor Alkine, Pio Marmai, Michele Moretti, Nicolas Bouchard. Produttori: Philippe Martin, Pierre Salvadori.
Distribizione: Good Films. Origine: Francia, 2014.
Durata: 97'
Antoine ha un'età indefinita come il malessere che gli ha tolto il sonno e il desiderio di essere nella vita. Sceso dal palcoscenico, dove si esibiva col suo complesso rock, cerca e trova lavoro in un anonimo condominio parigino. Depresso, insonne e consumatore di sostanze stupefacenti, Antoine diventa il portinaio di una piccola comunità altrettanto instabile. Tra loro c'è Mathilde, la moglie borghese di Serge, ossessionata da una crepa in salotto e dal prossimo che assiste attraverso attività solidali. Fragile e tormentata da un malessere in levare, Mathilde produrrà in Antoine un bagliore e un'intenzione di vita.
Il titolo italiano, inteso a rassicurare lo spettatore e a sdrammatizzare i personaggi, non rende merito alla commedia umana e lunare di Pierre Salvadori. Autore di commedie singolari, che veicolano i tormenti esistenziali e la difficoltà di essere, Salvadori 'alloggia' il suo film dentro un cortile condominiale, quello del titolo originale (Dans la cour), col pavé consumato e le piante ornamentali sfiorite. Il cortile, come tutte le aree comuni di un immobile, rimanda subito a un'agorà consueta di rancori e soprusi reciproci, di residenti e proprietari tronfi dentro due camere e una cucina, ma in quello di Salvadori nessuno è veramente odioso. Non lo è il fiscale cavillatore di Nicolas Bouchaud, che solleva grane ogni mattina, non lo è il vecchio sindacalista di Féodor Atkine, dagli echi staliniani, non lo è l'agente di sicurezza senza fissa dimora di Oleg Kupchik, membro di una setta luminosa, non lo è il pusher di Pio Marmaï, che condivide col protagonista il suo commercio.
Perché Pierre Salvadori, diversamente da Woody Allen (Blue Jasmine) prova ancora amore ed empatia per i suoi personaggi, tutti nevrotici, tutti supplici. Nella sua corte ad est di Parigi si accomodano pure Antoine, un musicista dimissionario che si improvvisa concierge per sfuggire alla vita e Mathilde, borghese insonne che passa la notte a indagare le crepe del suo salotto, stimandole premessa di cedimento e di inabissamento. Luogo sociale per eccellenza, il cortile è lo spazio scenico in cui Salvadori fa accadere qualcosa, incontrando i cuori in panne di un uomo e di una donna e producendo un sentimento che non ha a che fare col desiderio o l'attrazione ma con l'agnizione e il sostegno. Antoine e Mathilde si riconoscono e riconoscono nell'altro lo stesso sgomento. Naufraghi di un'inesorabile deriva condividono la depressione e sono in grado di intendere i segnali di soccorso. Ma alla maniera della droga, che allevia e consuma Antoine, i protagonisti sono l'uno per l'altra cura e veleno.
Gli sforzi congiunti per scongiurare l'annegamento finiscono per affondarli, come nella sequenze più disperatamente grottesca della gita fuori porta, nella casa dove Mathilde ha speso la sua infanzia e perde adesso ogni controllo e cortesia, perché niente assomiglia più a suoi ricordi.