Regia: Alexandre Coffre. Sceneggiatura: Fabrice Carazzo, Carol Noble. Montaggio: Hervè De Luze. Fotografia: Pierre Cottereau. Musica: Klaus Badelt. Costumi: Virginie Montel. Scenografia: Gwendal Bescond.
Interpreti: Tahar Rahim, Victor Cabal, Annelise Hesme, Michael Abiteboul, Philippe Rebbot, Amélie Glenn.
Produttore: Arnaud Bertrand.
Distribuzione: M2 Pictures.
Origine: Francia, 2014.
Durata: 81’
Se nello splendido thriller francese “Un minuto a mezzanotte” (1989) di René Manzor il piccolo protagonista, profondamente desideroso di incontrare Babbo Natale, si ritrovava ad avere a che fare con uno psicopatico vestito proprio come il dona doni più famoso del mondo, rimanendo nell’ambito della celluloide d’oltralpe Antoine alias Victor Cabal, bambino di sei anni orfano di padre, finisce in questo terzo lungometraggio di Alexandre Coffre – autore di “Un pure affaire” (2011) e di “Tutta colpa del vulcano” (2013) – per diventare il complice di un altro impostore in costume rosso.
Perché, proprio durante la notte della vigilia di Natale, si cala sul suo balcone con le fattezze del Tahar Rahim de “Il profeta” (2009), il quale, ladro intento a svaligiare gli appartamenti dei quartieri alti, non riuscendo in alcun modo a sbarazzarsene decide di portarselo in giro per i tetti di Parigi, facendogli credere, ovviamente, che lui sia il vero Santa Claus (o Père Noël, considerata la nazione d’ambientazione).
Gli stessi tetti su cui non mancano neppure di ballare insieme e di osservare meravigliati i paesaggi, man mano che il loro rapporto si intensifica, trasformandoli in una strana coppia – un po’ come il ragazzino e l’omicida mascherato nell’horror “Halloween killer” (2004) di Jeff Lieberman – messasi insieme per forza.
Del resto, a proposito di strane coppie, i produttori della pellicola sono gli stessi Arnaud Bertrand, Dominique Boutonnat, Hubert Caillard, Nicolas Duval-Adassovsky, Laurent Zeitoun e Yann Zenou che hanno finanziato l’acclamato “Quasi amici-Intouchables” (2011) di Olivier Nakache ed Eric Toledano, incentrato su un aristocratico paraplegico e sul suo badante di colore, ragazzo di periferia appena uscito di prigione.
Anche se, in questo caso, è evidente che il target di riferimento sia rappresentato dal pubblico dei giovanissimi e che, quindi, si cerchi di evitare in ogni modo linguaggio sboccato e qualsiasi accenno di volgarità.
Pubblico cui la oltre ora e venti di visione, commedia “da favola” atta a giocare con la simbologia delle festività di fine Dicembre tramite due anime solitarie e ferite che non vogliono saperne di crescere, non può fare a meno di essere consigliata.