Regia: Gabriele Salvatores. Sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo. Montaggio: Massimo Fiocchi. Fotografia: Italo Petriccione. Musica: Ezio Bosso, Federico De Robertis. Costumi: Patrizia Chericoni. Scenografia: Rita Rabassini.
Interpreti: Ludovico Girardello, Valeria Golino, Fabrizio Bentivoglio, Ksenia Rappoport, Aleksei Guskov, Noa Zatta, Raicho Vasilev.
Produttore: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori.
Distribuzione: 01 Distribution.
Origine: Italia, Francia, Irlanda. 2014.
Durata: 100’
Michele è un adolescente e vive a Trieste con la mamma Giovanna, poliziotta single da quando il marito, anche lui poliziotto, è venuto a mancare. A scuola i bulletti della classe, Ivan e Brando, lo tiranneggiano e la ragazza di cui è innamorato, Stella, sembra non accorgersi di lui. Ma un giorno Michele scopre di avere un potere, anzi, un superpotere: quello di diventare invisibile. Sarà solo la prima di una serie di scoperte strabilianti che cambieranno la vita a lui e a tutti quelli che lo circondano.
Gabriele Salvatores compie un altro salto nel vuoto cimentandosi con un film di genere nel genere: una storia di supereroi all'interno di un film per ragazzi, filone supremamente (e inspiegabilmente) trascurato in Italia. Quello di Michele è un classico viaggio di formazione che pone al pubblico, snocciolandole una dopo l'altra all'interno di una narrazione fluida e coesa, le grandi domande di chi si affaccia all'età adulta (e che continuano a riguardare anche il mondo dei "grandi"). Chi siamo? Di chi possiamo fidarci? A chi dobbiamo dare ascolto? Di chi (o che cosa) siamo figli? La nostra famiglia di elezione coincide con quella biologica? Quali sono i nostri veri talenti e come possiamo usarli in modo consapevole?
Salvatores sceglie, con molta onestà artistica, di ricordarci che il suo film deve rimanere accessibile in primis ai giovanissimi, e dunque non disdegna spiegazioni didascaliche e sottolineature esplicite, rifiutando lo snobismo dell'autore adulto che strizza l'occhio ai suoi coetanei. Il ragazzo invisibile resta però fortemente autoriale nelle scelte estetiche e narrative, che rispettano la composizione grafica del fumetto e l'iperrealismo (magico) del racconto fantastico.
La scelta del potere dell'invisibilità è ricca di valenze metaforiche, soprattutto per il cinema che è per definizione racconto del visibile, e visto che l'adolescenza è in genere il periodo di minima autostima e massimo narcisismo, essere invisibili diventa contemporaneamente un'aspirazione e uno spauracchio.
Il ragazzo invisibile racconta un corpo adolescente in cambiamento come cartina di tornasole e motore dell'evoluzione di un'intera comunità, creando un sottile distinguo fra talento e potere, appoggiandosi ad un'architettura narrativa solida e ad un'estetica precisa, apparentemente semplice e invece assai sofisticata nella cura dei dettagli, nel posizionamento delle luci, nella costruzione delle inquadrature e nella scelta "fumettistica" dei punti di ripresa. Una scommessa vinta per una sfida coraggiosa e infinitamente più complessa di quanto la sua superficie children friendly lasci intuire.