Regia e sceneggiatura: Michel Hazanavicius. Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius. Fotografia: Guikkaume Schiffman. Costumi: Les Rincali. Scenografia: Emile Ghigo.
Interpreti: Annette Bening, Bérénice Bejo, Maksim Emelyanov, Abdul Khalim Mamutsiev, Zukhra Duishvili, Lela Bagakashvili, Yuryi Tsurilo, Anton Dolgov.
Produttore: Thomas Langmann, Michel Hazanavicius.
Distribuzione: 01 Distribution.
Origine: Francia, 2014.
Durata: 159’
Nel 1999 la Cecenia è stata il teatro di un violento scontro razziale spacciato, dal governo sovietico dell'allora Presidente Yeltsin, come guerra al terrorismo.
Durante il conflitto, il piccolo Hadji assiste impotente all'uccisione della sua famiglia e scappa, nel tentativo di portare in salvo il fratellino neonato.
Traumatizzato da questo evento fino a perdere temporaneamente la parola, il bambino incontra sulla sua strada Carole (Bérénice Bejo) capo delegazione dell'Unione Europea di stanza in Cecenia per documentare l'orrore di quella ingiusta guerra, e tra i due lentamente si instaura un rapporto di estrema complicità, a dispetto delle numerose difficoltà di comunicazione.
Sono però entrambi ignari che la sorella maggiore di Hadji, sopravvissuta al massacro, vaga disperata per il paese in cerca dei suoi due fratelli.
A queste due storie si intreccia poi quella di Kolia, diciannovenne arrestato mentre fuma uno spinello e arruolato in tutta fretta nell'esercito russo, e alla sua violenta discesa negli inferi di una guerra che ne cambierà radicalmente per sempre la concezione di bene e male.
A tre anni dal trionfo di pubblico, critica e premi di The Artist, Michel Hazanavicius fa il suo ritorno dietro la macchina da presa con il film che proprio non ti aspetti.
Laddove infatti sarebbe stato (forse fin troppo) facile per lui bissare il successo di quel film con un'opera dal più alto coefficiente mainstream, il regista parigino decide invece di sfruttare l'hype generato, per forza di cose, dagli Oscar vinti per puntare i riflettori su una delle tragedie più immani e, allo stesso tempo, meno coperte dai mezzi di comunicazione della nostra storia recente.
Nel farlo Hazanavicius trae ispirazione da Odissea tragica - anche se il titolo in inglese era il medesimo, The Search - un film diretto da Fred Zinnemann nel 1948 spostando semplicemente la location dalla Germania della Seconda Guerra Mondiale alla Cecenia dell'altro ieri e girando, con un importante dispendio di mezzi, quest'opera densa di dolore, distante anni luce dai toni cinefili e sognanti di The Artist.
Anzi, il paradosso più evidente nello scarto tra i due film risiede proprio in come quest'ultimo traesse la sua principale ragion d'essere nel suo essere muto, mentre invece The Search, in netta antitesi, si fa addirittura polifonico, alternando più storie in cui si parlano tre differenti lingue (russo, francese e inglese) con il risultato di amplificare oltremisura la sensazione di incomunicabilità tra contesti geografici differenti.
L'unica eredità di quel film rimane Bérénice Bejo, moglie e musa del regista parigino, che qui lavora di sottrazione dando ampiamente prova di notevoli capacità drammatiche fino quasi a mortificare il proprio indiscutibile fascino di fronte alle gravi istanze portate avanti dal racconto.