Regia: Claudio Caligari. Sceneggiatura: Claudio Caligari, Giordano Meacci, Francesca Serafini. Montaggio: Mauro Bonanni. Fotografia: Maurizio Calvesi. Musiche: Paolo Vivaldi. Scenografia: Giada Calabria
Interpreti: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico, Roberta Mattei, Andrea Orano.
Produttore: Valerio Mastandrea, Paolo Bogna, Simone Isola.
Distribuzione: Good Films.
Origine: Italia, 2015.
Candidato al Premio Oscar come Miglior Film Straniero
Uno dei più bei, se non il più bel film della 72 esima Mostra d’Arte Cinematografica Internazionale di Venezia è “Non essere cattivo” di Massimo Caligari, regista italiano tragicamente scomparso lo scorso 26 maggio all’età di 67 anni. Nel corso della sua carriera ha saputo raccontare il mondo della droga e la malavita come pochi altri autori, prima con diversi documentari e poi con i suoi due primi lungometraggi “Amore Tossico” e “L’odore della notte”.
Caligari non realizza un film per accattivarsi la critica o con i soliti cliché visti e rivisti, ma una terribile fotografia dell’attuale situazione che stiamo vivendo in alcune zone della Capitale. In 10 anni ben poco e cambiato rispetto al rituale di droga, spaccio, alcol e violenza in cui vivevano i due protagonisti, Vittorio e Cesare e il resto della loro band.
“Non essere cattivo” riesce a raccontare attraverso le risate dei drammi incredibili, quasi come se nessuno fosse effettivamente un cattivo e il modo di operare di questi ragazzi fosse “normale”.
Vittorio decide di dire basta a questa spirale distruttiva quando incontra Linda e il figlio Tommasino e decide di mettere su una vera famiglia con loro basata sulla legalità. Le difficoltà sono molteplici, come trovare un lavoro onesto. La prima svolta è l’impiego da manovale, in cui coinvolge anche Cesare. L’amico è l’altra faccia della medaglia di Vittorio: odia il lavoro e l’autorità e vuole soltanto i soldi facili e, infatti, ben presto il cantiere torna a stargli stretto.
Caligari ci fa vivere tutte le emozioni intime dei personaggi e i conflitti dilanianti che si trovano a vivere a causa della dipendenza e dell’onnipresente presenza nelle loro vite dello spettro della polvere bianca.
Il compianto regista più che di un nuovo “Amore Tossico” ha parlato di un nuovo “Mean Streets” e il paragone dato l’eccellente risultato non è un’eresia. La contrapposizione tra la rudezza delle immagini e i gesti intimi dei protagonisti Caligari accompagna una sceneggiatura solidissima, dove il cast sembra quasi una grande orchestra con ognuno che sa quando e come entrare in scena. Caligari riesce a combinare il dramma con la commedia creando un mix ideale per lo spettatore.
Il film rifiuta di innalzarsi ad insegnamento filosofici contro la società attuale, ma si limita a raccontarla nella propria disarmante e tragica assurdità: può il lavoro essere un cancro nelle periferie? Può la cocaina essere l’unica strada percorribile con una preoccupante rassegnazione? L’Ostia che racconta Caligari, forse, è ancora li e la riflessione a cui ci invita “Non essere cattivo” è riassumibile in un gesto di Debora, la piccola nipotina gravemente malata di Cesare: la bambina lascia allo zio un peluche con la scritta omonima al titolo del film, come a ricordargli che anche nei vicoli più oscuri di Borgata ci può essere la forza di ricominciare.
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