Regia: Jon Favreau. Soggetto: Rudyard Kipling. Sceneggiatura: Justin Marks. Fotografia: Bill Pope. Montaggio: Mark Livolsi. Musiche: John Debney. Produttori: John Bartnicki, Brignan Taylorl. Distribuzione: Walt Disney. Origine: U.S.A., 2016.
Con le voci italiane di: Toni Servillo, Giovanna Mezzogiorno, Neri Marcorè, Violante Placido e Giancarlo Magalli.
Il cucciolo d’uomo Mowgli è cresciuto con il branco di lupi di Akela e mamma Raksha, nel rispetto della legge della Giungla. Al termine della tregua dell'acqua, però, la tigre Shere Khan torna a cercarlo: lei non ha rispetto del territorio altrui e finché non avrà Mowgli tutti i lupi saranno in pericolo. Il bambino decide allora di lasciare il branco, per proteggerlo, e la pantera Bagheera, che per prima lo portò ai lupi quando era piccolissimo, s'impegna a condurlo là da dove è venuto: al villaggio degli uomini.
Il viaggio per arrivare a destinazione è quello per diventare uomo, o accettarsi tale, e passa, per Mowgli, dalla conoscenza di altre specie animali (i preziosi elefanti, architetti della natura, o le ambiziose scimmie di re Louie) e dalla vita in compagnia dell'orso Baloo, goloso e giocherellone: la metà morbida della coppia genitoriale che forma con Bagheera, più ansioso e normativo, e che fa del Libro della Giungla una splendida storia di famiglia ricomposta.
La Disney torna sul luogo di un suo grande classico, ancora amatissimo, e lo fa nel modo migliore, e cioè tenendo il film d'animazione come un riferimento costante, nella successione degli episodi e nella caratterizzazione dei personaggi, prevedendo piccole variazioni che non stravolgono, ma tornando allo stesso tempo anche ai racconti originali dell'inglese Kipling e, soprattutto, puntando giustamente sulla propria specificità, ovvero il live action, la coesistenza nella stessa inquadratura di un ragazzino seminudo e di bestie feroci e meravigliose, nell'ottica di un realismo immaginario che è la vera proposta del film.
In questo senso, il precedente visivo di Vita di Pi anticipa ma non intacca l'impatto del film di Jon Favreau, che debutta con una sequenza estremamente fisica e dinamica (la gara di corsa di Mowgli su e giù da alberi immensi, esasperata dal 3D) per poi alternare in seguito con fluidità azione e emozione e riuscire persino nella ripresa, quasi timida, com'è proprio degli omaggi più sentiti, della canzone del classico del '67, senza farla risultare fuori tono.
Nell'interesse del dialogo tra novità e riprese, dunque, sta la maggior efficacia del film, che, se sul visivo gioca di sorprese forti e di dimensioni rivedute e distorte, sul copione opera in punta di dita, rinunciando agli avvoltoi per la scena dei bufali, ritoccando l'incontro con Baloo e il personaggio di Kaa, ma sempre entro i limiti, riportandoci ogni volta, al termine della scena, ad un'immagine nota. Così procedendo, si arriva al finale, che dice la sua (rispetto al precedente Disney ma non al libro, che ha una struttura e una temporalità differenti) quando siamo infine pronti per accogliere lo scarto, e interpreta, con arguzia, un desiderio comune a tante generazioni.
Il giovane Neel Sethi, protagonista di una lavorazione avventurosa e fantasiosa tanto quanto l'oggetto del racconto, fatta di set in parte reali e in parte digitali, di attori in tute mo-cap in posa da animale e di enormi burattini parlanti tutti impegnati a non lasciarlo solo nell'impresa recitativa, è il volto perfetto per questo romanzo di formazione materiale e spirituale, che si affianca al film d'animazione senza sostituirlo, replicando la formula recente e fortunata della Cenerentola di Branagh.
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