Regia: Gabriele Mainetti. Sceneggiatura: Nicola Guaglione. Montaggio: Andrea Magnolo. Fotografia: Michele D’Attanasio. Musica: Gabriele Mainetti. Costumi: Mary Montalto. Scenografia: Massimiliano Sturiale. Interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei.
Produttori: Jacopo Saraceni, Giuseppe Giglietti. Distribuzione: Lucky Red.
Origine: Italia, Francia, Svizzera, 2015.
Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto. In compenso il giorno dopo però si risveglia dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c'è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe.
Quello tentato da Gabriele Mainetti è un superhero movie classico, con la struttura, le finalità e l'impianto dei più fulgidi esempi indipendenti statunitensi. Pensato come una "origin story" da fumetto americano degli anni '60, girato come un film d'azione moderno e contaminato da moltissima ironia che non intacca mai la serietà con cui il genere è preso di petto, Lo chiamavano Jeeg Robot si muove tra Tor Bella Monaca e lo stadio Olimpico, felice di riuscire a tradurre in italiano la mitologia dell'uomo qualunque che riceve i poteri in seguito a un incidente e che, attraverso un percorso di colpa e redenzione, matura la consapevolezza di un obbligo morale.
Il risultato è riuscito oltre ogni più rosea aspettativa, somiglia a tutto ma non è uguale a niente, si fa bello con un cast in gran forma scelto con la cura che merita ma ha anche la forza di farlo lavorare per il film e non per se stesso. Claudio Santamaria è il protagonista, outsider da tutto, un po' rintronato e selvaggio, avido, alimentato a film porno, pieno di libido ma anche dotato della dirittura morale migliore; Luca Marinelli è la sua nemesi, piccolo boss eccentrico e sopra le righe, spaventoso e sanguinario con i suoi occhi piccoli e iniettati di follia ma anche malato di immagine, l'anello di congiunzione tra la borgata di Roma e il Joker. Intorno a loro un trionfo di comprimari tra i quali spicca Ilenia Pastorelli.
Il duo creativo Mainetti/Guaglianone (regia e sceneggiatura), con la collaborazione alla sceneggiatura di Menotti, hanno così costruito un percorso creativo e tecnico originale centrato sulla forza dell'ispirazione. Ciò che emerge infatti è come le storie che assorbiamo influenzino la nostra vita, come siamo i primi a desiderare una narrazione di noi stessi. Alessia crede che Jeeg Robot esista, Enzo sa bene che non è così eppure lentamente comincia ad aderire alla sua visione senza senso per la quale è lui l'eroe, comincia a crederci e a ragionare in quella maniera. Ma anche a un livello più immediato quello di Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di puro cinema, di scrittura, recitazione, capacità di mettere in scena e ostinazione produttiva, un lungometraggio come non se ne fanno in Italia, realizzato senza essere troppo innamorati dei film stranieri ma sapendo importare con efficacia i loro tratti migliori. Soprattutto è un'opera che si fa portatrice di una visione di cinema d'intrattenimento priva di boria e snoberia intellettuale, una boccata d'aria fresca per come afferma che il meglio di quest'arte non sta nel contenuto o nel tema ma nella forma (da cui tutto il resto discende). Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di movimenti interni alle inquadrature, di trovate ironiche e invenzioni visive, un tour de force di montaggio creativo e fotografia ispirata, tutto ciò che serve per raccontare un mito senza crederci troppo e divertendosi molto.
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