Regia: Jean-Marc Vallèe. Sceneggiatura: Bryan Sipe, Robert Coleman. Fotografia: Yves Bèlancer. Montaggio: Jayn Glen. Scenografia: John Paino. Interpreti: Jake Gylienhaal, Naomi Watts, Chris Cooper, Judah Lewis, C.J. Wilson, Polly Draper, Debra Monk, Heather Lind, Wass Stevens. Produttori: Lianne Haffon, John Malkovich. Distribuzione: Good Films. Origine: U.S.A., 2016.
Demolition” è l’antitesi di “Tom à la Ferme”. Jean Marc Vallée sta affinando uno stile hollywoodiano ma contenuto, girando, negli ultimi anni, film che esplorano tormentati percorsi di vita e punti di arrivo. Ha cambiato stile dal suo esordio (con quell’atmosfera pop che ricorda il mio amato Dolan) e da C.R.A.Z.Y, forse per la gloria (anche di mezzi) seguita dalla vittoria dell’Oscar per “Dallas Buyers Club” (che film!), sta sfornando lavori molto belli ma meno cinici, spesso a rischio di buonismo; tuttavia sempre interessanti. Il suo ultimo lavoro, “Demolition” (proposto in Italia con l’assurdo sottotitolo “amare e vivere”), afferma Jake Gyllenhaal (sempre più avvenente) tra i più grandi attori del momento, dando ancora una volta prova di eccellere nel ruolo dello squilibrato. La demolizione, la distruzione è quella della vita di un giovane di successo in seguito alla scomparsa della giovane, ricca bella e un po’ gattamortifera moglie. Davis affonda nel dolore, senza accorgersene, in un’anestesia affettiva densa di rabbia, che gli farà mettere in discussione il suo vissuto e il proprio passato. Guarderà attraverso la frattura della propria esistenza scoprendone i vuoti, le verità. “Demolition” è un film affettivamente crudele, nel gridare la necessità di essere sinceri con se stessi, ammettendo che, spesso, gli edifici sentimentali, familiari e affettivi che creiamo (Davis, alla domanda di Karen sul perché avesse sposato sua moglie, lui risponderà “perché era facile”) possono proteggerci, ma non sono quelli che ci fanno sentire felici e, soprattutto, vivi. Davis cercherà di affrontare e, soprattutto, di provare il dolore, nell’incredulità che segue la morte, nella rimozione che ci protegge dalla sofferenza. L’incontro con Karen sarà fondamentale e empaticamente spirituale, in particolare grazie al rapporto con il complicato e precoce figlio di lei, Chris, coinvolgendosi in un assurdo, ma efficace, supporto reciproco che scalderà le proprie confuse solitudini. Basato sulla bellissima sceneggiatura di Brian Sype, inserita nel 2007 nella black list delle migliori sceneggiature) ed abbandonata finché Vallée non le ha dato vita. Bella colonna sonora, da Sufjan Stevens a “it’s all over now baby blue” cantata dai The Chocolate Watchband e peccato per un finale non all’altezza del resto del film. Meravigliosa Naomi Watts, dopo questo film ho definitivamente perso la testa per lei. Basato sulla bellissima sceneggiatura di Brian Sype, inserita nel 2007 nella black list delle migliori sceneggiature
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