Se siete anche voi convinti sostenitori della strategia della fuga, non mancate Noi albinoi, film di debutto dell'islandese Dagur Kari, che sta conquistando le scene dei festival (Gran premio della giuria al Festival di Angers, Premio del pubblico al Rotterdam Film Festival, candidato all'Oscar come Miglior film straniero), con il suo fascino ambiguo e fuori dall'ordinario.
Noi è un diciassettenne albino. Vive in Islanda, in uno sperduto villaggio a nord ovest sommerso dalla neve. E non riesce ad adattarsi ai doveri che la "normalità" impone, dalla sua eccentrica famiglia ai manichini nevrotici che incontra a scuola.
Nonostante i suoi sforzi, Noi è irriducibilmente un diverso: goffo e scialbo, ed incapace di comunicare la ribellione sorda che cova sottola superficie immobile e sospesa dei ghiacci.
Quando però incontra Iris, una ragazza appena tornata dalla capitale e finita a lavorare nel desolato bar del padre, capisce che è il momento di trovare le forze e decidere la fuga.. magari verso una calda meta tropicale.
Per tutto il tempo ci si sente sospesi in un non luogo, tagliato fuori dalla vita: è il rifugio di Noi, giovane alieno a tutto quel che lo circonda. Genio o buono a nulla, spetta al pubblico decidere se interpretare un enigma irrisolto. Così come sfugge ad una oggettiva classificazione l'intero film, a metà strada tra comico dell'assurdo e dramma, o ancora pellicola d'arte pura.
Dubbio legittimo, perché al di là del cliché –un po' stanco- della trama, il racconto di Kari si sviluppa, a partire dalla natura complessa del protagonista, attraverso libere sovrapposizioni di ambienti e sensazioni. Quadri ad un tempo rarefatti ed oppressivi (come la splendida colonna sonora composta dal regista con il suo gruppo Slowblow) che arrivano a sondare l'inconscio, e a legare in modo indefinibile i sentimenti del pubblico a qualcosa di mitico ed universale.
Ed ecco che la neve, l'uniformità bianca che circonda Noi e definisce il suo mondo personalizzato, assume sempre più le sfumature inquietanti dell'ansia, dell'isolamento, del silenzio che crea disagio e spinge ad evadere dalle proprie prigioni.
L'uomo è l'artefice dello spazio che vive, e deve scegliere se fermarsi a soddisfare le aspettative degli altri, o rivendicare il diritto di fuggire da circostanze sbagliate.
Da un'iniziale divertita distanza ci ritroviamo così a soffrire quelle stesse ansie di rivolta, forse qualcuno anche a fuggire dalla sala, fino alla catarsi del finale, ancora insieme tragedia ed ironica liberazione.
Sceneggiatura: Dagur Kàri. Fotografia: Rasmus Videbæk. Musiche: Slowblow. Montaggio: Daniel Dencik. Interpreti: Tòmas Lemarquis, Anna Fridriksdòttir, Thröstur Leò Gunnarsson, Elin Hansdòttir. Distribuzione: Lucky Red. Origine: Islanda - Germania - Regno Unito - Danimarca, 2003.