In pratica la realizzazione del sogno di ogni bambino, quello di creare mondi a catena con un mash up di personaggi di fantasia e realmente esistiti, sotto forma di un film godibile, quando non esaltante. Un cocktail riuscito talmente bene da piacere a bimbi e critici insieme, spingendo firme eccellenti a parlare di rielaborazione crossmediale del linguaggio cinematografico.
Definire Lego Batman uno spin-off dell'esperienza di The Lego Movie pare riduttivo, già a partire dal commento che il vocione baritonale del Cavaliere Oscuro - Will Arnett nella versione originale, Claudio Santamaria in quella italiana - riserva ai loghi delle case di produzione e distribuzione coinvolte. Perché questo capitolo intende andare addirittura oltre. La sceneggiatura di Grahame-Smith, McKenna e soci gioca con i brand - Warner Bros., DC Comics, Il signore degli anelli, ecc. - per meglio valorizzarli, dimostrando di aver compreso appieno come oggi l'importante sia non prendersi troppo sul serio e mascherare il più possibile la presenza del marketing (Deadpool docet). The Lego Batman lascia solo intravedere il lato commerciale della propria natura, annegandolo in una storia godibile di per sé e contraddistinta da una miriade di riferimenti a serie, film e manie del passato.
Di fronte al fatto di vedere nello stesso film Sauron, Voldemort, la Strega Cattiva dell'Ovest, Godzilla e King Kong, pochi possono resistere, a meno che non abbiano soffocato il fanciullino interiore. Tutti (ri)troveranno qualche ricordo sopito in Lego Batman, nessuno (forse) riuscirà ad afferrarli tutti. Ma non ha importanza, in un'opera talmente densa di rimandi da arrivare quasi ad affaticare lo spettatore: i più piccoli si lasceranno trascinare dalle acrobazie di Batman e soci e dai gadget che poi si faranno regalare dal babbo, ma rinunceranno presto a comprendere tutto ciò che viene detto e visualizzato.
Quel che più stupisce riguarda le "performance" su cui Lego Batman ha addirittura superato l'esperimento originario: le trame e sottotrame, i personaggi anche solo sfiorati e le contorsioni narrative sono aumentati ulteriormente, generando un flusso di informazioni impressionante da recepire a questa velocità. Ma dove The Lego Movie manteneva una coesione pressoché perfetta tra le sue parti, lo spin-off supereroistico esagera nell'ultimo segmento, in cui si avverte la prolissità e la presenza di almeno un controfinale di troppo.
Fino a lì, però, Lego Batman è un'esperienza quasi irresistibile, che dà il suo meglio quando sottopone Batman a una peculiare seduta psicanalitica, indagando nel suo privato come in nessun'altra trasposizione precedente e mettendo a nudo le molteplici contraddizioni del personaggio. Lego Batman accetta anche la sfida del sottotesto omoerotico, che accompagna da sempre la figura del Pipistrello: scegliendo di ribaltare da Robin su Joker la carica di bromance, Chris MacKay riesce a portare a casa una morale più tradizionalista e tranquillizzante che mai, con il bisbetico infine domato e costretto ad accettare di appartenere a una famiglia, per quanto peculiare e allargata.
Da applausi il doppiaggio di Claudio Santamaria, che rende fedelmente le sfumature di Arnett, mentre si rivela disastrosa la scelta di affidare la voce femminile (Barbara Gordon) a Geppi Cucciari, inadeguata per tono, accento e partecipazione emotiva.
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