Regia: Antonio e Marco Manetti. Sceneggiatura: Antonio Manetti, Marco Manetti, Michelangelo La Neve. Scenografia: Noemi Marchica. Fotografia: Francesca Amitrano. Montaggio: Federico Maneschi. Musica: Pivio e Aldo De Scalzi. Interpreti: Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Giampaolo Morelli, Raiz, Luciana De Falco, Antonio Iuorio, Serena Rossi, Franco Ricciardi. Produttori: Carlo Macchitella, Manetti Bros. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: Italia, 2017.
Don Vincenzo Strozzalone, 're del pesce' e boss camorrista, scampa a un attentato e decide di cambiare vita. Stressato e braccato da criminali e polizia, si finge morto per ricominciare altrove con donna Maria, la consorte cinéphile che trova la risoluzione a tutto nelle trame dei film. Ma il suo segreto, condiviso dalla moglie e dai fedeli Ciro e Rosario, ha il fiato corto. Fatima, una giovane infermiera, ha visto quello che non doveva vedere. L'ordine adesso è di eliminarla. Ciro è il primo a trovarla, risparmiandole la vita. Perché Fatima è il suo primo grande amore. Un amore perduto ma mai dimenticato. Messa in salvo la fanciulla, Ciro deve rispondere della sua insubordinazione. Davanti a Napoli, a don Vincenzo e alla sua malafemmina. E gli amanti sono il cuore e la voce di Ammore e malavita, dove la parola canta e le canzoni recitano, celebrando Napoli, il suo splendore e le sue miserie, la sua umanità irriducibile e barocca. Allacciati dalle manette di un sentimento ostacolato, Serena Rossi e Giampaolo Morelli sono i due volti di una stessa medaglia. Lei infila la maschera della commedia, lui quella della tragedia. Come se Serena Rossi avesse preso il sole e Giampaolo Morelli l'ombra. Alla sua Fatima le parole liriche e sonore, a Ciro il silenzio musicale e attonito. A lei la rotondità, la plasticità e la napoletanità debordante, a lui una fitta tranchant, nera, melanconica, recondita. Perché a Napoli è sempre una questione di doppio, di specchio. Di amanti (Fatima e Ciro) o 'fratelli' (Rosario e Ciro) contrari e inseparabili.
Teatro en plein air, Napoli è per la seconda volta protagonista del cinema degli autori romani, concentrato sulla lingua, il gesto, la tradizione popolare, il sottogenere, la performance e rielaborato in qualcosa che avvicina il concetto di opera d'arte totale. Un'esperienza pre-estetica dell'espressione artistica in cui ogni manifestazione umana è fusa insieme. Musica, danza, pittura, scultura, narrazione, teatro, cinema, recitazione si fondono in maniera indistinta e primordiale nella sceneggiata sentimentale dei Manetti, liberando a pieno campo la creatività da ogni forma di costrizione dei singoli mezzi espressivi.
Esotismo di se stesso ieri, il film-sceneggiata allarga la sua azione a temi e mercati più vasti scartando la solitudine e l'emarginazione. In quella città aperta e organica, dove la vita non esiste senza la sua rappresentazione e la rappresentazione non esiste senza la vita, i Manetti pescano la maniera singolare in cui lingua e corpo giocano assieme. Materia benedetta che osservano instancabilmente per apprendere il proprio mestiere.
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