Regia: Cédric Klapisch. Sceneggiatura: Cédric Klapisch, Santiago Amigorena, Jean.Marc Roulot. Fotografia: Alexis Kavyrchine. Montaggio: Anne-Sophie Bion. Musica: Loic Dury, Christophe Minck. Costumi: Anne Schotte. Interpreti: Pio Marmaĩ, Ana Girardot, Franҫois Civil, Maria Valverde, Yamée Couture, Karidja Toué, Fiorence Pernel, Jean-Marie Winling, Eric Caravaca. Produttori: Cèdric Klapisch, Bruno Levy. Distribuzione: Officine Blu. Origine: Francia, 2017.
In Ritorno in Borgogna, Jean ( Pio Marmaï ) è un uomo scappato dalla famiglia dieci anni prima, un po’ per fare il giro del mondo e un po’ per fuggire da un padre che lui giudicava autoritario e a volte ingiusto. Per tutti questi anni, praticamente non ha dato sue notizie e non è tornato nemmeno quando è morta la madre. Vive in Australia da qualche anno, ha una compagna e un figlio di quasi cinque anni e lì fa il viticoltore come tutta la sua famiglia in Francia.
Torna adesso a casa, nel grande vigneto a Meursault in Borgogna, perché suo padre è in fin di vita, sin da subito ritrova l’affetto della sorella Juliette e del giovane fratello Jéreémie, sposato e con un figlio appena nato. Non passa un giorno che il padre muore, proprio poco prima dell'inizio della vendemmia, e i tre fratelli devono anche affrontare le onerose spese di successione della proprietà che non sanno come affrontare.
Jean è venuto per rivedere il padre un’ultima volta, ma anche per allontanarsi dalla moglie che gli ha chiesto del tempo per riflettere, e si ritrova, senza che lo avesse previsto, immerso nei ricordi del passato, nel bisogno di ricostruire in qualche modo la frattura che ha avuto con la figura del padre e indirettamente con i fratelli, ma anche ritrova l’amore per quelle vigne e per quella terra che lo ha visto in fondo felice da bambino.
Cédric Klapisch ( autore di film di successo come Aria di famiglia- 1996, L’appartamento, spagnolo - 2002, Bambole russe – 2005 ) realizza un film sulla famiglia ma soprattutto sulla natura e la personalità del vino; una storia a lungo ponderata e si vede in tutte quelle parti in cui il film sfiora la vena documentaristica. Autore tipicamente francese, accurato nei dialoghi, attento alle psicologie dei personaggi, originale e delicato in alcuni passaggi che lo rendono più autore che puro regista, e in questo caso anche coadiuvato da un direttore della fotografia ( Alexis Kavyrchine ) quasi coautore della cifra stilistica del film.
Anche in questo caso riesce a coniugare nel film un taglio popolare con l’accuratezza e l’intelligenza, mette in luce il lato poetico senza dimenticare l’ironia e il sorriso che ne consegue ( bella la scena quando i tre fratelli assaggiano un sorso da due bottiglie di vino, una fatta dal nonno e una dal padre, e dal sapore riescono a capire il carattere dei due uomini).
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