Regia: Andy Serkis. Sceneggiatura: William Nicholson. Scenografia: Sara Wan. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: Masahiro Hirakubo. Musica: Nitin Sawhney. Interpreti: Andrew Garfield, Claire Foy, Tom Hollander, Ed Speleers, David Butler, Ben Lloyd-Hughes, Miranda Raison, Hugh Bonneville. Distribuzione: Bim Distribuzione. Origine: Regno Unito, 2017.
Robin Cavendish ha tutto dalla vita: è bello, aitante e fascinoso. Tanto da conquistare l'inaccessibile Diana. Mentre la coppia di sposi nel dicembre 1958 si trova in Africa Robin contrae una forma di poliomielite che lo immobilizza in un letto e lo lega a un respiratore con una diagnosi che non gli lascia molto tempo da vivere. Diana, contro il parere della medicina ufficiale, lo porta a casa offrendogli delle opzioni terapeutiche mai tentate prima. Jonathan Cavendish non è solo il figlio di Robin nato poco dopo che il padre era stato colpito dalla malattia ma è anche il produttore del film. Questo fa sì che l'intera operazione assuma una dimensione del tutto speciale.
L'inizio sembrerebbe iscrivere Ogni tuo respiro nell'ambito di quei film biografici che si ispirano alla realtà inondandola di sentimentalismo tanto da provocare un innalzamento del tasso glicemico dello spettatore.
Dal momento in cui la malattia prende il sopravvento ci si accorge, minuto dopo minuto, che il fine è assolutamente diverso e che quel prologo aveva una sua ragione. Perché qui non ci si limita a ripercorrere le tappe di quello che avrebbe potuto essere solo uno sterile calvario individuale. Si racconta un calvario che invece si è trasformato in un'opportunità non solo per rendere più accettabile la vita di Robin Cavendish ma anche per garantire a pazienti in condizioni analoghe grazie a quegli strumenti che avrebbero consentito loro un'esistenza da condurre al di fuori dell'istituzione ospedaliera.
Cavendish, Diana e coloro che li hanno affiancati ed aiutati sono stati dei pionieri in questo campo ed era giusto che il cinema ne raccontasse la storia. Ma proprio quello che potrebbe far storcere il naso ad alcuni critici costituisce invece il punto di forza del film. Lo stile molto british che fonde ricostruzione con humour sottile, che non avvolge la vicenda in un'atmosfera stabilmente cupa ma sa alternare situazioni critiche con sequenze più rilassate, è perfettamente funzionale a una diffusione di Ogni tuo respiro presso il pubblico più vasto. Anche quello, per essere ancora più espliciti, che non disdegna il cinema un po' old fashion.
Proprio grazie a questa scelta di stile di narrazione Serkis e lo sceneggiatore Nicholson possono permettersi di affrontare temi importanti come quello della lungodegenza ospedaliera e, anche e soprattutto, del diritto del malato all'autodeterminazione. In particolare per quanto riguarda il controverso tema del testamento biologico e del fine vita. Raggiungono l'obiettivo raccontandoci la vita di un uomo che ha inizialmente dovuto affidarsi (alla moglie Diana) e che poi insieme a lei ha compiuto delle scelte fondamentali sulle quali ci è data l'opportunità di riflettere lontani dalle polemiche e di fronte a uno schermo.
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