Sceneggiatura: Gérard Jugnot, Philippe Lopes-Curval
Fotografia: Gérard Simon
Musiche: Khalil Chahine
Montaggio: Catherine Kelber
Interpreti: Gérard Jugnot, Michèle Garcia, Jules Sitruk, Jean-Paul Rouve, Alexia Portal, Violette Blanckaert.
Produzione: Oliver Granier, Dominique Farrug, Gérard Jugnot
Distribuzione: Lady Film
Francia, 2002, 116'
Abbiamo appena finito di vedere Laissez-Passer di Bertrand
Tavernier che ecco un altro film sul collaborazionismo francese
durante l'occupazione nazista. Monsieur Batignole
diretto e interpretato da Gérard Jugnot si riferisce nuovamente
agli anni oscuri di Vichy. Un periodo controverso le cui vicende
sono state rappresentate puntando prevalentemente sulla
retorica dell'eroismo della resistenza, tralasciando,
invece, la questione scottante della resa francese non solo da
un punto di vista militare ma anche ideologico.
Probabilmente i nuovi fenomeni antisemiti e l'ascesa
dell'estrema destra culminata con il ballottaggio
Chirac-Le Pen, hanno indotto i registi francesi ad approfondire
meglio le vicende di un passato non propriamente remoto e del
quale non andare così fieri.
Se Tavernier ha puntato su una vicenda che ha finito soltanto
per scaldare gli animi e che, di fatto, non ha raggiunto lo
scopo di far riflettere sulle cause che portarono la Francia a
cadere nella trappola dell'ideologia fascista e
antisemita, Jugnot, per parte sua, con un piccolo film poco
pubblicizzato e stilisticamente più sobrio, è riuscito
nell'intento di raccontare una storia leggera che, però,
dà molto da pensare anche per quanto riguarda il presente.
Ben inteso, Monsieur Batignole non fa gridare al capolavoro,
tuttavia in perfetto stile cinematografico francese è un film
semplice nel quale elementi drammatici e comici riescono a
trovare un giusto compromesso. Jugnot descrive con rara
lucidità come il fascismo e l'antisemitismo possano far
presa anche presso una società apparentemente immune
dalle barbarie. L'assunto del regista e attore francese è
che l'autentica malvagità, in realtà, prende con sé
pochi uomini e donne. Così come la reazione ad essa
coinvolge allo stesso modo poche unità. In mezzo agli
estremi, tra Riccardo III e Robin Hood, c'è la
cosiddetta massa silenziosa. Ed è questa maggioranza che
determina l'andamento delle cose: con
l'indifferenza, il bieco occuparsi del proprio interesse,
l'incapacità di guardare oltre se stessi e non
comprendere che il destino di un individuo deve essere legato
indissolubilmente a quello degli altri.
Proseguendo nella visione di una vicenda che è paradigmatica,
ci si accorge che in Monsieur Batignole il punto cruciale e
più stimolante, però, non sta tanto nel prendere di mira i
collaborazionisti o coloro che definiremmo senza tanti
eufemismi dei veri e propri bastardi. Molto più interessante è
come il regista francese riesca a dimostrare che la rettitudine
di un uomo qualunque si realizza con una semplice ma
impegnativa pratica quotidiana, e non grazie alla persuasività
di principi morali che muovono da presupposti astratti.
Insomma, se è facile identificare e raffigurare il male nella
persona del mediocre e meschino commediografo che per
bieco interesse collabora con i gerarchi nazisti, è molto più
complicato individuare e dare una rappresentazione del bene
nel personaggio del macellaio (il signor Batignole, interpretato
da Jugnot) che si eleva dalla massa silenziosa e diventa un
eroe per caso assumendo una posizione etica
nell'immediato, ossia praticandola concretamente
senza alcuna consapevolezza e assunzione di principi.
Pierre-Jean Lamour (Jean-Paul Rouve), il commediografo, si
lascia accecare del tutto dall'avidità e da
un'odiosa forma di solipsismo che gli impedisce di
cogliere il senso alto della presenza degli altri (in questo caso
gli ebrei); il signor Batignole, raro esempio di mediocrità
intellettuale, coglie d'improvviso il valore etico non solo
della propria esistenza ma anche di quella del suo prossimo.
E questa scoperta avviene d'improvviso: forse perché
prova un'irreprimibile compassione per il bambino ebreo
che gli si presenta alla porta in cerca d'aiuto; o perché
riesce a operare una distinzione tra l'essere macellaio
di carne suina e l'essere macellaio di carne umana; o
forse perché paradossalmente ha più paura di stare dalla parte
dei tedeschi che da quella degli ebrei.
Comunque sia, il signor Batignole mette in gioco la sua intera
esistenza per salvare Simon (Jules Sitruk) seguendo una
specie d'istinto, a seconda delle occasioni che di volta
in volta gli si presentano davanti. Non sappiamo fino a che
punto sia lui a decidere, o siano gli eventi a decidere per lui: il
modesto macellaio prende una certa direzione e per nostra
fortuna è quella giusta. Purtroppo in questo stato di
inaggirabile arbitrarietà, altri continuano a preferire di
camminare per sentieri oscuri. Così è la vita e non possiamo
che prendercela con noi stessi se è vero, come ebbe a dire un
poeta dei tempi nostri, che la storia siamo noi.
(Mazzino Montinari)