Regia: Matteo Botrugno e Daniele Coluccini. Sceneggiatura: Matteo Botrugno, Daniele Coluccini, Nuccio Siano. Fotografia: Davide Manca. Montaggio: Mario Marrone. Scenografia: Laura Boni. Interpreti: Vinicio Marchioni, Maurizio Tesei, Anna Foglietta, Vincenzo Salemme. Produttori: Simone Isola, Paolo Bogna. Distribuzione: Notorius Pictures. Origine: Italia, 2017.
In un condominio di borgata incontriamo diversi personaggi tra cui emergono Marcello, un ex culturista cocainomane sposato con Chiara ma da tempo in rapporto intimo con lo scrittore Walter, e Mauro che spaccia droga ma vuole cambiare ambiente facendo strada nel mondo degli affari mentre il rapporto con la moglie Simona si va deteriorando.
Nella Roma che portano sullo schermo non ci sono i buoni e i cattivi, non ci sono i borgatari da assolvere in quanto vittime e i pariolini e i politici da portare, soli, alla sbarra. Non c'è più nella maniera più totale la Roma pasoliniana (e qui la figura del professore interpretata da Salemme richiama, con qualche sottolineatura di troppo, il poeta e il suo pensiero). Il suo posto è stato preso da un indistinto cinismo che ha soppresso qualsiasi valore in nome di una coazione a ripetere che si associa a una inerzia dominata dal dilagare della corruzione.
Viene in mente una precisa definizione di Papa Francesco che paragona la corruzione all'alitosi che viene avvertita non da chi ne è affetto ma dagli altri. I corrotti e corruttori di questo film non sembrano essere più in grado nemmeno di rendersi conto di quanto sia mefitico il loro agire. Non per questo sono meno colpevoli. Anzi le loro azioni prive di qualsiasi remora o senso di colpa si rivela ancora più gravide di conseguenze quando poi si esercitano sui più indifesi.
La cooperativa che finge di aiutare profughi e richiedenti asilo non può non far pensare alla cosiddetta Mafia Capitale (anche se la definizione di mafia è stata derubricata dalla sentenza) e alle sue numerose ramificazioni nel malaffare. Il fatto che entrambi i registi siano nati nella capitale rende questa denuncia (pur nei parametri di un cinema che non vuole assurgere a pamphlet e cerca di arrivare a un vasto pubblico) ancora più dura. Perché ci dicono che non è più tempo di battere il mea culpa sul petto altrui e il fatto che la loro carta d'identità ci ricordi che hanno meno di quarant'anni ci può aiutare a comprendere come sia questa la generazione che sta maggiormente subendo le conseguenze di un degrado che sta ormai penetrando ovunque come un contagio per il quale non è stato trovato alcun vaccino. Forse perché sono troppi quelli che non sono interessati a cercarlo.
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