Regia: Francesco Falaschi. Sceneggiatura: Filippo Bologna, Ugo Chiti, Francesco Falaschi, Federico Sperindei. Fotografia: Stefano Falivene. Montaggio: Patrizio Marone. Scenografia: Andrea Di Palma. Interpreti: Vinicio Marchioni, Valeria Solarino, Luigi Fedele, Nicola Siri, Mirko Frezza, Alessandro Haber. Produttori: Andrea Borella, Fabiano Gullone. Distribuzione: Notorius Pictures. Origine: Italia, 2018.
Quanto Basta racconta di Arturo (Vinicio Marchioni), uno chef talentuoso ma non più di successo, con una forte tendenza alla critica e alla polemica che hanno finito per emarginarlo.
I suoi problemi di controllo dell'aggressività lo hanno addirittura fatto finire dentro per rissa e ora deve scontare la pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina in un centro per ragazzi autistici.
Tra i ragazzi di cui si deve occupare Arturo c'è Guido (Luigi Fedele), un giovane che ha la sindrome di Asperger e una grande passione per la cucina. Arturo tratta Guido senza filtri, senza pietismo e in modo istintivo, alla pari, talvolta sbagliando. Ma di fronte alla "neurodiversità", che non è inferiorità del ragazzo, Arturo tende a poco a poco a mutare il proprio comportamento e a ridefinirsi come persona.
Quando le circostanze lo obbligano ad accompagnare Guido a un talent culinario - manifestazione che Arturo odia - si crea un rapporto di amicizia e di fratellanza che cambierà la vita di Arturo e i destini di entrambi.
Arturo esce di prigione e dà l'abbrivio a un racconto che ha fra i suoi pregi un passo non frettoloso e una leggerezza inusitata, una delicatezza che passa sì attraverso il rispetto, ma si tiene lontana da ogni timore reverenziale, dall'ipocrisia e da uno sguardo distratto.
Arturo entra in cucina, dunque, e in mezzo a pentole e padelle scopre una neuro-diversità (l'Asperger) spesso e volentieri oscurata dall'autismo, suo parente più prossimo che si trascina dietro tutta un'altra fatica di vivere.
Non che il disturbo di cui soffrono i ragazzi a cui lo chef stellato condannato ai servizi sociali insegna a preparare gustosi manicaretti abbiano una vita facile, attenzione, ma per Francesco Falaschi - che già in Emma sono io aveva parlato di malattia mentale - non è interamente un dramma. Piuttosto, tra le altre cose, funziona da strumento per il rovesciamento di rapporti e schemi drammatici, con una ridistribuzione dei ruoli di "aiutanti" e "aiutati", "risolti" e "irrisolti", "discepoli" e "guide". E questo ci piace molto. Film di personaggi, Quanto Basta è una partita che si gioca su un terreno di comune difficoltà a rapportarsi agli altri per via di idiosincrasie più o meno certificate, è un confronto fra due supereroi traballanti che unendo le forze creano un'accoppiata fenomenale, un duetto di mutuo soccorso destinato a vincere sia tra i fornelli che nella vita.
Grazie alla generosità di Vinicio Marchioni e di Luigi Fedele che ha fatto un lavoro straordinario, il maestro e l'allievo attraversano, come dicevamo, diversi generi, ma non si allontanano mai da un cammino di leggerezza e di humour, tatti distintivi di un film che coraggiosamente parla la lingua della della grazia, una grazia mai "negata" dal carattere brusco del cuoco ex galeotto, che anzi contribuisce a epurare la storia di Diego e del suo disagio da ogni pietismo o buonismo. Il ricorso al viaggio, poi, colloca Quanto Basta all'interno di una dimensione di atemporalità, annullata in parte solo dai riferimenti alla moda contemporanea della buona cucina.
E tuttavia, se proprio dobbiamo parlare di star col cappello bianco e il cucchiaio di legno, ai vari Cracco e Cannavacciuolo il film di Falaschi oppone un modello di chef "vecchio stampo", in un elogio della semplicità che attraverso un perfetto spaghetto al pomodoro dichiara guerra all’insopportabile ricercatezza di chi "profana" un branzino coprendolo di salsa al cioccolato. Questa stessa semplicità coincide con il buonsenso e l'onestà di Guido e Arturo, ma contemporaneamente è la giusta misura a cui il titolo del film allude e che per l’uomo è l'equilibrio che il suo temperamento gli impedisce di raggiungere, mentre per il ragazzo è un'autodeterminazione felicemente improvvisata all'apparenza impossibile da conquistare. E’ anche rispetto dei buoni vecchi valori, del mondo di una volta: quello in cui si percorrevano strade secondarie a bordo di poco accessoriate utilitarie e nel quale le emozioni erano meno "filtrate". Le emozioni qui sono in primo piano insieme ai personaggi e fluiscono quiete, e quieta è l'evoluzione dell’amicizia fra i due protagonisti.
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