Regia: Ron Howard. Sceneggiatura: Jon e Lawrence Kasdan, George Lucas. Fotografia: Bradford Young. Montaggio: Chris Dickens, Pietro Scalia. Musiche: John Powell. Interpreti: Alden Ehrenreich, Donald Glover, Joonas Soutamo, Woody Harrelson, Emilia Clarke, Phoebe Waller-Bridge, Thandie Newton, Clint Howard. Produttori: Will Allegra, Kiri Hart. Distribuzione: Walt Didney. Origine: U.S.A, 2018.
Un anno e mezzo fa, con Rogue One, è stato inaugurato il filone antologico di Star Wars, a base di lungometraggi che raccontano storie autoconclusive scollegate dall’evoluzione narrativa della saga principale, quella dei vari Episodi. Categoria che in realtà ora può essere messa in discussione, dato che Solo: A Star Wars Story, il lungometraggio sulle prime avventure di una delle icone del franchise, è palesemente impostato come possibile apripista per ulteriori exploit cinematografici del giovane Han Solo, interpretato da Alden Ehrenreich, o per altri spin-off situati sullo stesso piano cronologico.
Un film nato tra mille ostacoli, sia per la presunta lesa maestà del voler realizzare un film su Han senza Harrison Ford sia per la decisione di sostituire i registi Phil Lord e Chris Miller a riprese quasi ultimate. Al duo è subentrato Ron Howard, cineasta dall’impronta autoriale. E’ possibile riscontrare non poco divertimento, con almeno una macrosequenza in grado di rivaleggiare con il meglio del franchise e diversi elementi che suggeriscono quanto possa essere interessante mescolare esplicitamente il mondo di Star Wars con gli stilemi del western (a quando il film dedicato al cacciatore di taglie Cad Bane?).
Mentre gli altri film del nuovo corso di Star Wars si servivano della nostalgia per aprire al futuro, Solo rimane fieramente ancorato a un tempo lontano lontano, popolato da situazioni e personaggi riconoscibili: Chewbacca (Joonas Suotamo), Lando Calrissian (Donald Glover, che si candida automaticamente per un film in solitario), il Millennium Falcon, la corsa di Kessel, frasi ad effetto che rimandano al passato/futuro del protagonista e del franchise, il tema musicale inedito firmato però dal veterano John Williams.
Si ride e nei momenti giusti ci si emoziona. Gradevole e in più punti molto efficace, e sono proprio le promesse di altre storie a venire a ripagare maggiormente la visione.
E che dire del giovane Han, ritenuto a priori l’elemento più sacrilego? Ehrenreich ha chiaramente studiato il lavoro ma non cade nella trappola della performance puramente mimetica, e col passare dei minuti esibisce sempre di più il carisma giusto per reggere sulle proprie spalle eventuali seguiti di questa Star Wars Story che è “solo” un giocattolone ben costruito e ad alto tasso d’intrattenimento, in attesa di nuove avventure.
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