Regia: Pablo Trapero. Sceneggiatura: Pablo Trapero, Alberto Rojas Apeo. Montaggio: Pablo Trapero. Interpreti: Martina Gusman, Graciela Borges, Isidoro Tolcachir, Edgar Ramirez, Alejandro Viola, Bérénice Bejo, Joaquin Furriel.
Distribuzione: Bim Distribution. Origine: Argentina, Francia, 2018.
Eugenia e Mia sono due sorelle argentine: ma mentre Mia è rimasta nella loro terra, presso la sontuosa proprietà di famiglia chiamata La quiete, Eugenia ha scelto di vivere a Parigi, dove il padre delle due donne aveva lavorato come diplomatico. Proprio un ictus capitato a papà richiama Eugenia verso La quiete, dove la aspetta a braccia aperte la madre Esmeralda. Mia è felice di rivedere la sorella maggiore con cui ha un legame strettissimo, ma è anche gelosa dell'affetto con cui Eugenia viene riaccolta in casa da "figliola prodiga": tanto più che la sorella maggiore rivela di essere incinta, ed Esmeralda non vedeva l'ora di fare la nonna. Dopo il Leone d'Argento alla regia per Il clan, che raccontava un'altra famiglia piena di segreti e di contrasti interni, Pablo Trapero si misura con una forma d'amore assoluto - quello fra due sorelle - incastonata in una cornice ambigua e mendace. Le prime scene del film sono dedicate a mostrarci quanto sia intima la relazione fra Eugenia e Mia - al punto da filmare a distanza ravvicinata la loro masturbazione in coppia - e quanto il loro legame sia viscerale e fisico: The Quietude è infatti soprattutto un film di pelle, di mani, di corpi che si toccano, si abbracciano, si aggrediscono e si consolano. Ma dietro tanta esclusiva intimità incombe la presenza divisiva della madre Esmeralda, vera prima donna della famiglia, con cui Mia ha un rapporto a dir poco conflittuale. Gli uomini che girano intorno a questa trimurti rimangono satellitari e in qualche misura subiscono l'esclusività di rapporti famigliari tanto stretti e (anche sessualmente) voraci.
Trapero dirige la loro storia cambiando più volte registro, dal melodramma alla commedia nera, dal politico al romantico, dal grottesco al farsesco, accompagnando l'intera vicenda con canzonette che confermano la scelta di mantenersi accessibile e popolare.
Per aderire alla femminilità imperiosa delle protagoniste, il regista gira "come una donna": in modo empatico e tattile, raccontando una sensualità segreta e una fisicità utilizzata come forma primaria di comunicazione. "Eravamo sempre arrapate", ricorda Eugenia parlando dell'adolescenza vissuta insieme alla sorella, ma questo arrapamento costante non è una scusa per fare del soft porn autoriale, bensì il ritratto della necessità di scaricare un surplus di energia vitale che le sorelle non riuscirebbero altrimenti a contenere. Anche la rivalità fra le due donne scansa lo stereotipo, rivelandosi più una forma di reciproco possesso che un desiderio di prevaricazione.
Naturalmente Trapero non perde l'occasione per riferire parte del racconto al passato ingombrante e malamente rimosso del suo Paese, e regala alla storia di Eugenia e Mia più di un doppiofondo a sorpresa, più di un'ombra tridimensionale. Questo perché ciò che distorce l'intera vicenda - privata e pubblica - è l'occultamento della verità, che crea "distanze reali e dolorose".
Berenice Bejo e Martina Gusman, moglie e produttrice di Trapero oltre che ottima attrice, sono assai somiglianti e assai credibili nei panni di due bellissime sorelle che sembrerebbero avere tutto dalla vita, e invece hanno bisogno l'una dell'altra per ricostruire il loro intero. Trapero si incanta davanti ai loro corpi espressivi e si inchina all'altare della sorellanza, cui fa da controcanto amaro e sarcastico l'egocentrismo doloroso di Esmeralda, ben canalizzata dalla diva veterana Graciela Borges.
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