Regia: Hirokazu Koreeda Sceneggiatura: Hirokazu Koreeda, Léa La Dimna. Fotografia: Eric Gautier. Montaggio: Hirokazu Koreeda. Musica: Aleksej Ajgi. Scenografie: Riton Dupire-Clément. Costumi: Pascaline Chavanne.
Interpreti: Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan Hawke, Ludivine Sagnier, Roger Van Hool.
Produttore: Miyuki Fukuma. Distribuzione: Bim Distribuzione. Origine: Francia. 2019.
Diva del cinema francese, Fabienne Daugeville pubblica un libro di memorie e per l'occasione riceve la visita della figlia Lumir, sceneggiatrice che vive a New York con il marito Hank e la piccola Charlotte. Nella villa parigina di Fabienne, le due donne si sforzano di entrare in contatto l'una con l'altra e di fare i conti con il passato, impresa resa tanto più ardua dalla presenza delle famiglie e del maggiordomo Luc, stufo di essere dato per scontato. Fabienne è anche impegnata sul set, recitando in un film che confonde ulteriormente i confini del ruolo materno e di quello filiale.
Koreeda, nel suo secondo debutto stavolta in territorio straniero, con la curiosità meticolosa dell'outsider esplora ogni angolo di una casa bellissima, "anche se c'è una prigione proprio qui dietro". E in una prigione della parola deve sentirsi Lumir, figliol prodiga che da bambina voleva fare l'attrice, ma che da adulta è diventata sceneggiatrice, nel tentativo forse di dare un senso alla voce di una madre che spesso di fronte alla realtà sceglie di far vincere la leggenda. Per essere l'opera di un regista che gira in una lingua non sua, Le Verità stupisce per la perfetta sinfonia di ambiguità e allusioni dei suoi dialoghi, giocati su un corto circuito costante di età, ruoli familiari, ricordi e riflessi di sé.
Sull'onda della consacrazione con Un affare di famiglia, Palma d'oro a Cannes e grande successo internazionale, l'autore giapponese si cala nel contesto alto-borghese della vecchia Europa in modo discreto ma decisivo, recando in dote il suo elegante rigore di messa in scena a beneficio di una storia che, lasciata al suo eccesso francese, avrebbe potuto facilmente perdersi.
Poco incline ad avventurarsi per le vere strade di Parigi, che fanno solo un paio di fuggevoli apparizioni, Koreeda crea invece una domesticità sempre visibilmente artefatta (dal suddetto giardino-prigione agli interni in auto, così simili al green screen sulle finestre del set cinematografico a cui conducono) in cui Catherine Deneuve e Juliette Binoche possono giocare la loro partita a suon di finzioni.
Mentre gli uomini si moltiplicano (guidati da un Ethan Hawke bonariamente di contorno), le donne si cambiano di posto, si riconfigurano, si specchiano l'una nell'altra. Non si fidano della memoria e non credono alle parole, ma hanno vissuto troppo a lungo per riconoscere madri e nonne dall'odore come fa Charlotte.
Leggero nel tono ma profondamente funereo nel sottotesto, Le verità è un film che costringe a misurarsi anche con i fantasmi, in particolare quelli, forse molto veri e personali, di Deneuve. È appropriato che le suggestioni autobiografiche si facciano strada nei personaggi, in un'opera che si accende di passione quando parla del mestiere dell'attore. Koreeda ne traccia una mappa spirituale, dai gesti sul set alle frustrazioni, dalla vulnerabilità ai capricci, dalla tecnica alla magia.
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