Regia: Nisha Ganatra. Sceneggiatura: Mindy Kaling. Fotografia: Matthew Clark. Costumi: Mitchell Travers. Scenografia: Henriette Vittadini. Montaggio: Eleanor Infante. Musiche: Lesley Barber.
Interpreti: Emma Thompson, Mindy Kaling, John Lithgow, Hugh Dancy, Reid Scott, Denis O’Hare, Max Casella, Paul Walter Hauser.
Produttore: Ben Browning. Distribuzione: Adler Entertainment. Origine: USA, 2019.
Katherine Newberry è una leggenda della televisione americana. Unica donna alla conduzione di un talk-show serale trentennale, ha smesso da tempo di mettersi in discussione e comanda con dispotismo uno staff di autori, tutti maschi, che non si degna nemmeno di incontrare di persona. Ma i tempi cambiano, gli ascolti calano, Katherine viene accusata di odiare le donne e minacciata di essere sostituita. Improvvisamente costretta a correre ai ripari, ordina al suo staff di rendere lo show nuovamente alla moda e divertente, e assume per caso la "quota rosa" Molly Patel, una giovane inesperta di origini indiane, cresciuta con il sogno di diventare un giorno come lei. Non facciamo fatica a credere ad una squadra di tutti uomini tutti bianchi, solidali per opportunismo, incrostati nelle abitudini, che si sentono minacciati dall'arrivo di una nuova collega e ne negano istintivamente il talento per giustificare la sua presenza con la nuova moda (siamo nei primissimi anni '90) del politicamente corretto e del rispetto delle minoranze etniche.
Al centro di E poi c'è Katherine ci sono due bei ritratti femminili, sinceri e sfaccettati, e il racconto di una relazione professionale possibile, tra donne, che è un tema tutt'altro che indagato, tutt'altro che scontato.
Scritto dalla Kaling appositamente per l'attrice inglese, il ruolo di Katherine Newberry regala a Emma Thompson l'opportunità di giganteggiare, su un registro onnicomprensivo che va dal comico al drammatico, e il risultato è un personaggio che supera il film e potrebbe continuare ad esistere oltre. E poi c'è Molly, tramite cui Mindy Kaling si racconta sul grande schermo, rivendicando nel contempo la sua appartenenza all'universo televisivo contemporaneo e aprendo un'interessante via di comunicazione tra i due mondi.
Pur non sfuggendo a molti clichés, pur non stupendo con effetti drammaturgici speciali, Late night (questo il titolo originale) è particolarmente abile ad evitare le trappole che ne farebbero facilmente un film a tesi, legato ai movimenti me too e time's up, e sa inserire le proprie opinioni in merito in una commedia classica e godibilissima, sull'importanza di non dare niente e nessuno per scontato e di ridere bene, ridere ultimi.
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