Regia e sceneggiatura: François Ozon. Fotografia: Manuel Dacosse. Costumi: Pascaline Chavanne Montaggio: Laure Gardette. Musiche: Sacha Galperine.
Interpreti: Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, Josiane Balasko, Eric Caravaca, François Chattot, Martine Erhel, Olivier Faliez.
Produttore: Eric Altamayer. Distribuzione: Academy Two. Origine: Francia, Belgio, 2018.
Orso d’Argento – Gran premio della Giuria – Festival di Berlino 2019
Alexandre vive a Lione con la sua famiglia. Un giorno viene a sapere che il prete che abusava di lui quando faceva parte del gruppo degli scout officia sempre a contatto con i bambini. Inizia allora la sua personale battaglia con l'aiuto di François ed Emmanuel, anch'essi vittima del sacerdote, per raccontare le responsabilità del prete. Col passare del tempo e con l'aumento del numero delle vittime del sacerdote che decidono di venire allo scoperto si forma un associazione che decide di costituirsi in giudizio legale. Ozon resta un autore ma ha deciso di non chiudersi in una 'certa maniera di fare cinema'. In questa occasione è stato a lungo incerto se realizzare un documentario o una fiction, una volta venuto a conoscenza del caso Preynat grazie al sito La Parole Libérée. Online erano state raccolte le testimonianze e l'azione di quelli che un tempo erano stati bambini abusati da un sacerdote e che, grazie a uno di loro rimasto fedele alla Chiesa ma sconvolto dalla scoperta dell'impunità del sacerdote, aveva avviato la procedura di messa in stato di accusa del prelato. Quest'ultimo peraltro non ha mai negato gli addebiti considerandosi 'malato'.
Grazie agli incontri con i veri soggetti della vicenda, Ozon ha compreso che, dopo essere stati al centro di numerose inchieste televisive, avrebbero preferito una trattazione della loro storia così come avvenuto, negli Stati Uniti, con Il caso Spotlight. Questo ha dato al regista al contempo una libertà di trattamento ma anche la responsabilità di un rispetto fondamentale di fatti e persone. Ruotando fondamentalmente su tre personaggi molto diversi tra loro, la sceneggiatura riesce a dare una lettura delle vicende che non si lascia mai attrarre dal facile 'j'accuse' che confonda inevitabilmente alcuni uomini della Chiesa con la fede di chi ha subito i loro abusi. Un sacerdote italiano sospeso a divinis qualche anno fa per reati analoghi in una sua lettera resa pubblica scriveva di "avere praticato e diffuso il male facendo vacillare la fede di molti".
Ozon coglie anche nella vicenda francese questa problematica così come non si ritrae dal mostrare come quei bambini non avessero spesso trovato, anche se in situazioni socioculturali molto diverse tra loro, un ambito familiare tale da permettere loro di confidarsi senza sentirsi aprioristicamente 'colpevoli' anziché vittime. Non c'è ombra di costruzione melodrammatica o di retorica pamphlettistica in questo film sorretto da una lucida esigenza di dare ulteriore e più ampia voce a uomini che da bambini hanno subito ciò che un bambino non dovrebbe mai subire.
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