Regia e sceneggiatura: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne. Montaggio: Tristan Meunier. Costumi: Maira Levi. Fotografia: Benoit Dervaux. Scenografia: Igor Gabriel.
Interpreti: Idir Ben Addi, Victoria Bluck, Olivier Bonnaud, Myriem Akheddiou, Claire Bodson.
Produttore: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne. Distribuzione: Bim Distribuzione. Origine: Belgio, 2019.
Premio Miglior Regia Festival di Cannes 2019
Ahmed ha 13 anni ed è entrato nella spirale dell'integralismo musulmano grazie all'indottrinamento di un imam che, tra le altre cose, gli ripete che la sua insegnante di lingua araba, anch'essa musulmana, è un'apostata. Ahmed che venera un cugino martire dell'Islam, decide allora di procedere autonomamente e di passare all'azione nei suoi confronti.
Considerato il clima politico-sociale italiano sul tema dell'immigrazione e della presenza dei musulmani una premessa diventa necessaria affinché il film non venga letto come un facile j'accuse ai seguaci di Maometto. Nei titoli di coda si può leggere il ringraziamento al Ministro per la gioventù e lo sport belga che si chiama Rachid Madrane. Dal nome non è difficile comprendere che si tratta di un belga di origini marocchine. Situazione che da noi solleverebbe l'indignazione di una parte consistente dell'elettorato e che nell'attualmente meno rissoso Belgio (dove non sono mancati, non dimentichiamolo, sanguinosi attentati) permette invece a quel ministro di sostenere un film che è anti-integralista ma non per questo antimusulmano. La radicalizzazione del ragazzino è a un livello tale da manifestarsi compulsivamente anche nella gestualità e da rendere praticamente fallimentari i tentativi di tutti coloro che lo circondano. Che reagisca insultando in famiglia o che rifiuti il benché minimo contatto con l'altro sesso o con gli animali (questi sono solo due esempi della sua rigidità di fatto onnicomprensiva) nulla sembra riuscire a scalfire la corazza che gli è stata costruita addosso su misura e che ora ne limita qualsiasi movimento intellettuale o affettivo.
I Dardenne, che, come è noto, sono attentissimi alla scrittura dei loro film dopo un terzo della vicenda si permettono di spiazzare gli spettatori suggerendo una possibilità di ripensamento. Si tratta di un'iniziale inversione di marcia che non trova apparenti giustificazioni alla quale però sia chi è in sala sia educatori e psicologi che accompagnano Ahmed in un tentativo di recupero vogliono poter credere. Perché i due registi belgi non hanno mai smesso di sperare nelle persone che mettono in scena senza per questo voler ricercare accomodanti happy end. Vorrebbero poterlo fare anche questa volta (la scena dei tovaglioli di carta porti alla madre che piange per la sua intransigente caparbietà è molto significativa in tal senso) ma tutto sembra andare nel verso opposto. Nel 1996 il pubblico di tutta Europa (e non solo) cominciava a conoscerli con un film in cui un immigrato clandestino cadeva da un impalcatura e moriva venendo seppellito in forma anonima. Sono trascorsi 23 anni e questi acuti e partecipi osservatori della realtà, non hanno smesso di interrogarsi anche su questo tema mutando però la prospettiva.
Qui non siamo di fronte a servizi sociali assenti o a una famiglia non attenta. La stessa riunione dei genitori della classe ci mostra come gli atteggiamenti degli appartenenti alla stessa fede siano di fatto molto differenti tra loro. Nonostante ciò...Ecco la parola giusta: nonostante. Perché l'indottrinamento del radicalismo trova terreno fertile in questo adolescente di seconda generazione svuotandolo interiormente per riempirlo di precetti coercitivi che lo tengano rigidamente in piedi. Ma se solo chi cade può risorgere (come recitava il titolo di un film di John Cromwell del 1947) i Dardenne sanno che i cattivi maestri possono procurare danni che vanno anche al di là delle proprie aspettative e ce lo ricordano. Senza false reticenze e con la collaborazione di un ministro che si chiama Rachid.
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