Regia: Cristina Comencini. Sceneggiatura: Cristina Comencini, Giulia Calenda. Fotografia: Daria D’Antonio. Montaggio: Patrizio Marone. Costumi: Alessandro Lai.
Interpreti: Giovanna Mezzogiorno, Vincenzo Amato, Beatrice Grannò, Clelia Rossi Marcelli, Trevor White, Tim Ahern, Astrid Meloni, Alessandro Acampora.
Produttore: Lionello Cerri. Distribuzione: Vision Distribution. Origine: Italia, 2019.
Come in altre pellicole della regista, la vicenda narrata pone l'accento sul passato, sui luoghi della memoria e sul rapporto tra consanguinei. "Tornare" però, in particolare, assume le sembianze di un thriller sentimentale d'ambientazione borghese e dal sapore psicanalitico. E' una ricerca nel rimosso come fu "La bestia nel cuore" (candidato italiano all'Oscar nel 2006) in cui la regista dirigeva Giovanna Mezzogiorno, qui nuovamente nei panni di protagonista. Alice (la Mezzogiorno), è una giornalista quarantenne e vive negli Stati Uniti. Torna a Napoli, dopo una lunga assenza, in occasione della morte del padre, un ufficiale americano in forza alla base Nato locale. Si ferma nella casa di famiglia, una grande villa a picco sul mare, e predispone quanto necessario alla sua vendita. Tra quelle mura, però, non è da sola: inizia a dialogare con le proiezioni di se stessa, da bambina e da adolescente. Al funerale del padre, poi, ha appena incontrato un uomo gentile e misterioso che sembra conoscerla molto bene, Marc (Vincenzo Amato). Mettendo insieme ricordi sfumati, Alice si domanda se siano certi suoi sospetti ad alterare la realtà o se esistano davvero delle verità taciute su quel che avvenne in un giorno di maggio del 1967, data che fu lo spartiacque della sua vita. Le scissioni di personalità, una Napoli misteriosa, album di fotografie scomparsi e grotte sotterranee sono tutte pennellate di un affresco che ha nel non detto, nel non visto e soprattutto nel non ricordato i suoi colori primari. Sicuramente l'uso di simbolismi è un po' troppo esibito e ridondante, ma i tocchi di letterarietà in "Tornare" non sono artefatti, arieggiano semmai un film altrimenti cupo, ripiegato sull'esplorazione dell'inconscio. Gli scorci meno noti di una città affascinante, le inquadrature che richiamano certa pittura metafisica (le porte spalancate in successione) sono il modo in cui la regista rende straniante l'ambientazione, lasciando che lo spettatore non sappia cosa sia reale e cosa ricordo. Svuotare la casa di famiglia, decidendo cosa tenere degli oggetti di una vita, diventa per la protagonista il modo di fare un inventario del cuore e della psiche. Il padre anaffettivo, la madre segregata e la sorella responsabile fanno da sfondo a un racconto che la vede soprattutto di fronte a se stessa, intenta a rimettere i pezzi a posto e a scoprire cosa abbia trasformato un'adolescente ribelle e vitalissima nel relitto di donna che è adesso, appesantita da smarrimento e tristezza. "Tornare", col suo flusso ondivago tra evocazioni interiori e sinistri accadimenti esterni, è un labirinto che è assieme prigione e rifugio, proprio come l'inconscio, e conduce al vicolo cieco della verità rivelata: in questo caso, quella di una femminilità interrotta.
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