Regia: Giuseppe Bonito Sceneggiatura: Monica Zappelli, Donatella Di Pietrantonio. Fotografia: Alfredo Betrò. Montaggio: Roberto Missiroli. Musica: Giuliano Taviani. Scenografie: Marcello di Carlo. Costumi: Fiorenza Cipollone.
Interpreti: Sofia Fiore, Carlotta De Leonardis, Vanessa Scalera, Fabrizio Ferracane, Elena Lietti, Andrea Fuorto.
Produttore: Maurizio Tedesco. Distribuzione: Lucky Red. Origine: Italia 2021.
Estate 1975. Una tredicenne diventa, senza che nessuno chieda il suo consenso, "l'arminuta" cioè la ritornata. Fa cioè ritorno a una famiglia biologica di cui non sapeva nulla. Passa da un'agiata esistenza piccolo borghese a una vita nelle campagne abruzzesi in cui regnano la povertà e la mancanza di cultura.
Dopo il convincente esordio con Pulce non c'è e il film tratto dal monologo di Mattia Torre Figli si confronta ora con il romanzo vincitore del Premio Campiello scritto da Donatella Di Pietrantonio. Non è necessario averlo però letto per apprezzare questo film che, a partire dal casting con in primis le due giovanissime protagoniste, può godere di un'eccellente vita autonoma.
Perché Bonito sa costruire la narrazione intersecando con maestria due piani. Chi quegli anni li ha vissuti può infatti ritrovare il clima sociale di un'Italia che dopo il boom economico degli anni '60 viaggia a due velocità. La borghesia piccola e media ha trovato un suo assestamento economico in gran parte con l'urbanizzazione mentre in ambito rurale, in alcune aree del Paese, persiste una pesante arretratezza.
È su questa base che si sviluppa la vicenda dell'arminuta che al contempo si radica in quella realtà ma si estende anche a condizioni e costrizioni che purtroppo sussistono nel presente.
Troppi minori ancora oggi vengono spostati "come pacchi", come dice la protagonista, da una famiglia biologica ad un affido per poi magari passare ad un altro per poi fare ritorno al nucleo originario. Nel film di Bonito succede per decisioni prese all'epoca in sede privata; oggi, talvolta, per sentenze che di tutto tengono conto tranne che della condizione psicologica di coloro che ne sono oggetto.
Bonito sa come far emergere le sensibilità ferite lavorando più sugli sguardi, i gesti e i silenzi che sulle parole. Per ottenere il risultato opera sulla linea femminile. L'arminuta, la sorellina Adriana, la madre biologica e quella che l'ha cresciuta vivono tutte condizioni in cui la deprivazione si manifesta con modi e tempi diversi ma con la stessa capacità di ferire nel profondo senza però riuscire ad annullare un intimo bisogno di comprensione reciproca.
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