Regia: Claus Drexel Sceneggiatura: Olivier Brunhes, Claus Drexel, Fotografia: Philippe Guilbert. Montaggio: Anne Souriau. Musica: Valentin Hadjadj. Scenografie: Pierre-Francois Limbosch.
Interpreti: Catherine Frot, Mahamadou Yaffa, Jean- Henri Compere, Richna Louvet, Raphael Thierry, Farida Rahouadj, Pierre Perret, Dominique Frot, Driss Ramdi, Claus Drexel.
Produttore: Philippe Logie. Distribuzione: Officine Ubu. Origine: Francia, 2020.
Miglior Film Francese Premi Cesar 2020 – Premio della Giuria Festival di Cannes 2019 – Miglior Film Europeo Premi Goya 2020.
Sotto le stelle di Parigi è una commedia drammatica francese di Claus Drexel. Dolcezza sognante e schietto realismo si fondono nella messa in scena di un mondo di outsiders ed emarginati dalla società odierna. Nel film questa esclusione sociale è incarnata dai due protagonisti: una clochard interpretata da Catherine Frot e un piccolo migrante con il volto di Mahamadou Yaffa. Christine (Catherine Frot) è una senzatetto inaridita da anni di vita per le strade di Parigi. La sua lenta routine viene sconvolta quando incontra il piccolo e spaesato Suli, un immigrato clandestino che rischia il rimpatrio. Superata la diffidenza iniziale, Christine aiuterà Suli, il quale non parla in francese, a cercare la madre che sta per essere espulsa. In questo viaggio la protagonista riscoprirà la propria umanità infrangendo la parete di ghiaccio che la circonda. Reduce dall’esperienza documentaristica di Au bord du monde, incentrata sui senzatetto, il regista Claus Drexel sceglie di costruire una storia di finzione sullo stesso tema. La volontà dichiarata è quella di rappresentare nella maniera più tridimensionale queste persone che vivono ai margini della società e restituirne un’immagine onesta, che vada al di là degli stereotipi. Christine, ad esempio, prima di essere una senzatetto, è una scienziata, una donna acculturata che, per un motivo che il film non ci spiegherà mai, si è ritrovata a vivere per strada. La scelta di accennare soltanto al passato di Christine permette allo spettatore di colmare con la propria fantasia quel vuoto; così facendo la protagonista diventa archetipo della condizione dei senzatetto, che spesso si ritrovano a vivere per strada per un motivo troppo complesso, difficile da cogliere anche da loro stessi. In un film che fa della concretezza un filtro essenziale, non manca una vena favolistica. Oltre a vere e proprie sequenze oniriche, tutta la messa in scena è attraversata da un procedere sognante. La routine lenta e ripetitiva della protagonista è messa in scena quasi fosse un rituale e la stessa estetica ed il costume di Christine la avvicinano ad una sorta di strega medievale. Non mancano però fumosi passaggi di trama, in cui si richiede allo spettatore uno sforzo immaginativo che va oltre la sospensione dell’incredulità rivelando delle crepe nella sceneggiatura. D’altro canto, vedere due outsiders come Christine e Suli vagare per le strade di una meravigliosa Parigi crea un contrasto potente, quasi magico. Suli non conosce il francese: la comunicazione che instaura con Christine è fatta di gesti e sguardi. Bastano questi a permettere l’incontro di due anime spaventate e smarrite che ritrovano in un abbraccio il calore di cui avevano bisogno. La costruzione del rapporto dei protagonisti è dolce ed efficace. Lo scontro tra il microcosmo familiare che i due ricreano e il macrocosmo della società in cui si muovono permette di riflettere su problematiche quali l’immigrazione clandestina, il razzismo congenito, la diffidenza ottusa cui si oppongono sprazzi di generosità diffusa, che rivelano un certo ottimismo di fondo che attraversa tutto il film.
Sotto le stelle di Parigi è un dramma che scalda il cuore, che esagera con il patetismo in alcune scene e si rivela troppo prevedibile in altre, ma conserva comunque un’autenticità invidiabile.
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