Regia: Sergio Rubini. Sceneggiatura: Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi. Fotografia: Fabio Cianchetti. Montaggio: Giorgio Franchini. Musica: Nicola Piovani. Scenografia: Paola Comencini. Costumi: Maurizio Millenotti.
Interpreti: Mario Autore, Domenico Pinelli, Anna Ferraioli Ravel, Biagio Izzo, Giancarlo Giannini, Marisa Laurito, Maurizio Casagrande.
Produttore: Maria Grazia Saccà. Distribuzione: 01 Distribution. Origine: Italia, 2021.
Napoli, inizi del '900. Eduardo, Peppino e Titina vivono assieme alla madre Luisa De Filippo. Il padre naturale Eduardo Scarpetta, che è il più famoso attore e drammaturgo di quel periodo, si spaccia come loro zio, li trascura completamente ed è spesso severo nei loro confronti. Gli ha però trasmesso l'amore per il teatro e li ha fatti recitare fin da piccoli. Alla sua morte, nel 1925, non gli ha lasciato nulla; l'eredità infatti è stata spartita dalla famiglia legittima. Suo figlio Vincenzo, dopo aver ereditato la compagnia, cerca di avere tra gli attori sia Eduardo che Peppino. Con il primo nascono subito i contrasti, l'altro invece per un po' recita per lui. Il grande desiderio dei De Filippo, malgrado i loro contrasti, è quello di fondare un trio con un repertorio tutto loro. E una notte di Natale, del 1931, il sogno comincia si avvera al Cinema Teatro Kursaal. Sullo schermo scorrono le immagini di Nessun uomo le appartiene, una commedia sentimentale con Clark Gable e Carole Lombard. Poi parte un lunghissimo flashback che ripercorre la storia dei fratelli De Filippo e il loro rapporto contrastato con il padre Eduardo Scarpetta, vicenda che si sovrappone con il recente e straordinario Qui rido io.
Paragonare il nuovo film di Sergio Rubini con quello di Mario Martone è un'operazione critica fuorviante, anche se la cosa che può lontanamente accomunarli è la visione dell'arte e del talento come eredità. I fratelli De Filippo è un biopic classico e appassionato dove Rubini si mette al servizio della storia e rende omaggio a Eduardo, Peppino e Titina. Accompagnato dalle musiche di Nicola Piovani, il film ripercorre le fasi più importanti della loro infanzia e adolescenza e segue il binario parallelo del palcoscenico che s'incrocia con la vita privata. La scena in cui Eduardo De Filippo ruba la scena a Vincenzo Scarpetta durante una rappresentazione mostra già alcune tracce decisive di quella che sarà la rivoluzione nel teatro, l'entrata nel prima nel '900 e poi della modernità. Rubini recupera tracce della struttura teatrale (durante gli spettacoli, negli interni di famiglia) di Dobbiamo parlare. Ma soprattutto c'è un elemento ricorrente dei suoi film come regista che torna anche in I fratelli De Filippo ed è il legame con le proprie origini, al centro di due tra i suoi film migliori, Tutto l'amore che c'è e La terra.
Il ritorno a casa di Eduardo da Milano, un segmento narrativo che poteva essere magari maggiormente sviluppato per mostrare l'estraneità e il disagio di quello che è diventerà uno dei più grandi drammaturghi del Novecento, è pienamente nelle corde di Rubini nel modo di filmare l'appartenenza dei personaggi ai luoghi. Poi si fa da parte. Le luci dello spettacolo sono tutte per i protagonisti dove emerge tutta la tecnica di Giancarlo Giannini nei panni di Eduardo Scarpetta, ma è molto convincente anche Vincenzo Salemme nel ruolo del figlio Vincenzo e sono ben scelti anche i tre giovani attori - Mario Autore, Domenico Pinelli e Anna Ferraioli Ravel - che interpretano i fratelli De Filippo. Tutta la modernità del repertorio del trio infine, è mostrato partendo dalle luci del cinema del Kursaal che da pochi anni era passato dal muto al sonoro. Dallo schermo al palcoscenico. Con la celebre battuta "Te piace o presepe" di "Natale in casa Cupiello" comincia un'altra storia.
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