Regia e Sceneggiatura: Kôji Fukada. Fotografia: Hideo Yamamoto. Montaggio: Sylvie Lager. Musiche:
Olivier Goinard. Scenografia: Masaki Owa. Costumi: Hanaka Kikuchi.
Interpreti: Fumino Kimura, Kento Nagayama, Atom Sunada, Hirona Yamazaki, Misuzu Kanno, Tomorowo Taguchi, Tetsuta Shimada, Mito Natsume.
Produttori: Yasuhiko Hattori. Distribuzione: Teodora Film. Origine: Giappone, 2022.
Taeko vive felicemente con il giovane sposo Jiro e il piccolo Keita, nato da una relazione precedente. Tutto ciò che desidera è l'approvazione di suo suocero, che stenta ad arrivare. Un incidente domestico riscrive però improvvisamente la vita di Taeko e di chi le sta vicino e determina il ritorno del padre biologico di Keita, Park, di cui la donna non aveva notizie da anni. I genitori di Jiro hanno scelto di vivere di fronte alla coppia di sposi, per stare vicino al bambino, ma è una vicinanza solo geografica, perché non c'è reale comunicazione dei sentimenti, e anzi la tendenza comune ad affrontare la tragedia con pudico silenzio è in realtà una modalità di negazione collettiva. L'unico che sembra sfuggire alla trappola dell'insensibilità è l'outsider del gruppo, l'ex marito di Taeko. Lui non è del tutto giapponese ma per metà straniero (coreano), non veste di nero ma di giallo, non parla perché è sordo, ma usa il corpo per attaccare la protagonista, esprimendo la sua rabbia e sbloccando in lei ciò che era represso.
Si disegna così il triangolo al centro del film, con Taeko divisa tra l'uomo che vuole proteggerla ma non è capace di guardarla in faccia, e l'uomo che lei sente di dover proteggere, che sa parlare con le mani e le espressioni del viso, ma la cui comunicazione è comunque fallace, perché mente. Come in Othello, il gioco di cui Keita è campione, la "caduta" di un pezzo determina la trasformazione di quelli vicini, così l'uscita di scena di uno dei personaggi causa la trasformazione degli altri, che di nuovo si gioca sulla distanza (per Jiro si tratta di distanziarsi da casa rimanendo nella stessa città, per Taeko è necessario arrivare fino in Corea).
Il gap culturale che ci separa da una conoscenza profonda delle tradizioni e della società giapponese impedisce probabilmente al pubblico occidentale di cogliere fino in fondo le sottigliezze di questa storia di silenziosa emancipazione.
Lontano dall'empatia che si sprigiona dai film di Kore-eda, Love Life ci restituisce però un documento interessante sul Giappone contemporaneo, aprendoci le porte di realtà quotidiane poco viste e di personaggi "normali" che si ritrovano ad essere portatori di trasformazioni più grandi di loro.
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