Regia e Sceneggiatura: Sébastien Marnier. Fotografia: Romain Carcanade. Montaggio: Jean-Baptiste Beaudoin. Musica: Pierre Lapointe. Scenografie: Damien Rondeau. Costumi: Marité Coutard Interpreti: Laure Calamy, Doria Tillier, Dominique Blanc, Jacques Weber, Suzanne Clément, Céleste Brunnquell, Véronique Ruggia, Clotilde Mollet, Naidra Ayadi, Blandine Laignel. Produttori: Kim McCraw, Caroline Bonmarchand. Distribuzione: I Wonder Pictures. Origine: Francia, Canada, 2022.
La lotta di classe in Un vizio di famiglia passa prima di tutto attraverso l’inganno. Chi è Stéphane? Ha gli occhi raggianti di Laure Calamy quando ritrova dopo molti anni il padre Serge, ricco proprietario di una lussuosa villa sul mare. La donna conosce anche la sua bizzarra famiglia composta dall’attuale moglie Louise, dalla figlia George, la nipote Jeanne e la domestica Agnès. In casa è subito mal vista ed è considerata un’intrusa. Riceve poi delle telefonate dal carcere; è la sua compagna che cerca di mettersi in contatto con lei. Serge la cerca, la fa tornare a casa sua e la convince a testimoniare al processo contro la famiglia che gli vuole togliere il controllo del patrimonio. Ma chi è in realtà Stéphane? Ci sono ancora dei disertori di classe nel cinema di Sébastien Marnier che si reincarnano da un film dall’altro. Laure Calamy cerca di ricostruire la propria vita come Marine Foïs in Irréprochable e si trova catapultata in un mondo che non conosce come Laurent Laffitte in L’ultima ora. Con Un vizio di famiglia alimenta il mistero sulla protagonista, accenna e nasconde la sua instabilità, si allinea al suo punto di vista fino a un certo momento del film dove, attraverso una scrittura abile nel costruire gradualmente tutti i capovolgimenti, riesce a mettere a fuoco tutte le possibili reazioni. È un film sul tentativo d controllo ma anche sulla sua mancanza come gli acquisti compulsivi di Louise che ha riempito la villa di oggetti. Ed è proprio lo spazio dell’abitazione che evidenzia in pieno la presenza disturbante dei suoi protagonisti, dei loro piaceri (il vino da 1200 euro in cantina), ma anche delle loro menzogne. Marnier plasma una creatura noir che pensa soprattutto a Chabrol quando mostra quello che si nasconde dietro le apparenze borghesi. Ma è anche un cinema di scatti improvvisi, capace di cogliere con clamoroso istinto ogni sfumatura, disagio, paura, piacere. Il film risale davvero alle origini del male nell’animo dei protagonisti e le fa avvertire con un cinema senza respiro che coglie i malori di Serge, gli scatti di George per buttare fuori di casa la nuova arrivata. I gesti sono potentissimi: uno schiaffo, i soldi tirati addosso, l’urlo ‘dégage’ oltre a un bacio di travolgente intensità nel parlatorio del carcere. Marnier ha la mano sicura ma ama l’imprevedibilità. Per questo usa split-screen dove ci sono tutti i personaggi seduti a tavola. Proprio per non far sfuggire niente allo spettatore, per cercare di mostrargli le espressioni di tutti i personaggi che potrebbero uscire da un romanzo giallo dove però non c’è un solo colpevole e, più che scoprire i colpevoli di un omicidio, conta soprattutto cosa succede dopo.
Un vizio di famiglia tiene benissimo le oltre due ore, ha in un gruppo di bravissimi interpreti (su cui primeggiano soprattutto Laure Calamy, Jacques Weber e Dominique Blanc) e conferma la maturazione di un cineasta sempre più interessante capace di essere classico nella struttura ma anche rabbioso, alla continua ricerca del veleno nascosto dietro le porte chiuse.
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